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martedì 20 novembre 2012

L'idea

"Padre nostro che sei nei cieli"
"Ave Maria Piena di grazia"
"L'eterno riposo dona loro o Signore"
"Padre nostro che sei nei cieli"
"Ave Maria Piena di grazia"
"L'eterno riposo dona loro o Signore"
"Padre nostro che sei nei cieli"
"L'eterno riposo dona loro o Signore"
"Ave Maria Piena di grazia"
NO HO SBAGLIATO...ricomincio...
"Padre Nostro che sei nei cieli"
"Ave Maria piena di grazia"
"L'eterno riposo dona loro o Signore"
"Tagliati il polso. Tagliati il polso. Tagliati il polso."
"Ave Maria! piena di grazia" "L'eterno riposo!" NO ho sbagliato ricomincio!
"Tagliati il polso" "AVE MARIA!" "Tagliati il polso" "Padre NOSTRO! "Tagliati il polso" "L'ETERNO RIPOSO"... "Tàgliatelo. Tàgliatelo. Tàgliatelo." AVE MARIA 15 AVE MARIA 16 AVE MARIA 17 AVE MARIA 18 "Tagliati il polso. Tagliati il polso. Tagliati il polso." PADRE NOSTRO 15! PADRE NOSTRO 16! PADRE NOSTRO 17! .....
... mi sento meglio....come lo fermo il sangue? ci metto una fascia...Non devo farlo più...
 "Tagliati l'altro." NO NON VOGLIO FARLO AVE MARIA PADRE NOSTRO "Tagliati l'altro. Taglialo. Taglialo." NO NON VOGLIO NON VOGLIO AVE MARIA AVE MARIA AVE MARIA "Tagliati l'altro polso. Taglialo. PADRE NOSTRO PADRE NOSTRO PADRE NOSTRO "Tagliati l'altro." AVE MARIA AVE MARIA!!! "Taglialo.Taglialo.Taglialo.Taglialo." PADRE NOSTRO PADRE NOSTRO PADRE NOSTRO PADRE NOSTRO....
...
...
... - Ha perso molto sangue, ma se la caverà; mantenetelo in infusione continua...



lunedì 27 agosto 2012

Il sordo

E' ricoverato da due settimane; beve e la testa sembra essere ormai andata ad aceto; non ha l'aria di capire granché, quando gli si parla. Ti guarda con l'aria ebete e corruga la fronte in modo interrogativo. In più è maledettamente sordo! Gli parli e devi avvicinarti, ma nemmeno così sente! Allora inizi ad alzare la voce, con tono cortese, perché, comunque, è un paziente e il paziente viene prima di tutto e non ti devi permettere di essere nemmeno un minimo sgarbata. Ma non sente, devi sollevarla ancora e ancora, finché inizi ad urlare in corsia,  non per parlargli male, ma solo per informarti del suo stato di salute!
E allora perchè ti viene voglia di strozzarlo, quando all'improvviso avvicina le mani alle orecchie ed estrae due tappi antirumore larghi un dito e lunghi tre centimetri???

giovedì 16 agosto 2012

Buonanotte

E buonanotte a voi, protagonisti di queste storie tristi; vi auguro che un giorno non lontano la scienza trovi il modo per restituirvi la salute!
E buonanotte a tutti i sofferenti....

Inoltre, buonanotte a mia mamma...

martedì 24 luglio 2012

Il volo

Ha vagato tanto, con la sua auto. Ubriaco ma non troppo, come sempre. Sul sedile accanto, una scatola con dentro una collana di perle, acquistata per la moglie. Quella collana doveva essere l'ennesimo tentativo di conciliazione, una ennesima richiesta di perdono, che sarebbe rimasta inascoltata come tutte le altre volte. Lui non è riuscito a capire perché, quando si sono conosciuti, lei era così attratta da quel savoir faire di uomo di mondo abituato a elargire regali e a pagare il ristorante e invece dopo il matrimonio, dopo la nascita del figlio, tutto quello che prima era buono poi è diventato cattivo. Non è riuscito a diventare un buon marito, un buon padre e a capire che era ora di crescere. Così, alla fine, ha portato l'auto vicino alla scogliera, ha innestato la prima e ha premuto a fondo l'acceleratore.
Chissà se i sommozzatori hanno trovato la collana, era molto costosa....

mercoledì 11 luglio 2012

Natale è in fin di vita.

Natale è in fin di vita; lo hanno massacrato di botte per derubarlo. Sono convinta che aveva le tasche così vuote che più vuote non si può. O forse era appena andato a ritirare la pensione e lo avevano tenuto d'occhio. Nemmeno due mesi fa gli era stato tolto l'accompagnamento, dicevano che non era abbastanza pazzo e poteva fare a meno dell'accompagnatore; così il familiare, senza quell'entrata, lo ha abbandonato a se stesso e lui ha iniziato a stare in mezzo alla strada o ad andare e venire dall'ospedale. Natale diceva che qualcuno lo picchiava, giorno e notte, e che le macchine lo sentivano; che voleva dire, non è chiaro. A volte, però, si convinceva talmente tanto che qualcuno lo picchiasse, da diventare pericoloso verso quel qualcuno, che, ignaro di tutto, di solito stava distante da lui svariati metri.
Alla fine, ironia della sorte, è stato picchiato veramente, da bastardi ai quali, evidentemente, piace tanto quella pubblicità che dice "Ti piace vincere facile?". E loro hanno vinto facile facile, adesso hanno in tasca la pensione di Natale e Natale morirà.
Trullallero trullallà.

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Per la cronaca: Natale è morto, dopo una breve agonia.

mercoledì 30 maggio 2012

domenica 13 maggio 2012

Perchè non si ripeta più

Arturo

(Da "Il fuoco di Lorenzo")
 Arturo assomiglia a Pippo, l'eroe spilungone di Topolino, un po' allocco e un po' furbo. Anche lui è di mezza età, ormai. Si sta facendo vecchio tra le mura di casa e quelle degli ospedali e delle cliniche tra le quali fa la spola. La scheletrica uniformità del suo viso allungato e scuro è bruscamente interrotta da due enormi occhi marrone che ti guardano a distanza ravvicinata (cosa che tento inutilmente di evitare) e mi ricordano quelli del mio cane quando mi supplica di qualcosa. In quegli occhi c'è allegria, ma allegria di che, dico io? Che c'è da stare allegri, con quella vita di cacca? Arturo, mentre parla, con la mano destra gesticola come fa Totò quando, con la mano, dice che sei fesso; ma non lo fa con quello scopo, anche se tale ti fa sentire, in fondo. Il suo gesticolare è caratteristico per via dei farmaci che assume da forse trent'anni, sebbene con estrema irregolarità. Farmaci che, insieme alla malattia, hanno modificato il corso della sua esistenza, facendola diventare un surrogato. Almeno per chi crede di essere sano. Nel camminare mantiene le mani unite, le schiena curva e le labbra protruse; il naso gli gocciola incessantemente, e sembra davvero una caricatura. La voce è cantilenante. In estate usa la camicia di jeans e in inverno su di essa un maglione blu a righe, ma sembra sempre che abbia due taglie di troppo. Strascica lentamente le ciabatte, anch'esse troppo abbondanti, tanto che ci saranno due centimetri tra il bordo e il calcagno. Arturo, negli ultimi tempi, è perplesso. Gli è successo qualcosa di insolito, e non ne sembra contento. Non ne parla volentieri e bisogna interrogarlo espressamente sull'argomento: Arturo non sente più le voci. Erano la sua compagnia, ormai da chissà quanti anni. Gli parlavano incessantemente e lo facevano sentire meno solo. Chissà quali erano i loro discorsi: forse gli raccontavano barzellette, forse gli parlavano d'amore, forse commentavano con lui le belle ragazze che passavano per strada, o forse gli suggerivano come comportarsi? Qualche volta gli avranno dato degli ordini, come spesso succede a questi ammalati, e lui li avrà anche eseguiti suo malgrado, non avendo la coscienza della loro irrealtà. Fatto sta che adesso Arturo è completamente solo. La sua testa si è svuotata. Non sa più come impiegare il tempo, quel tempo interminabile delle sue giornate di malato ormai cronico, senza più amici né lavoro né interessi, con una vecchia mamma allettata, spesso, in passato, vittima della sua furia di uomo comandato dalle voci, e che lo teme. Eppure ti viene da pensare: come si fa a temerlo, Arturo, con quegli occhioni giganteschi e languidi da cane fedele, con quel sorriso alla nicotina ingenuo e timido insieme. Invece Arturo può essere molto pericoloso, quando le voci gli dicono che si deve difendere da tutti quelli che gli vogliono far del male, e quando quella vecchia mamma gli nega i soldi per comprare il quarto pacchetto di sigarette della giornata, perché loro vivono di modeste pensioni. Che farà adesso, Arturo? Impiegherà il tempo a leggere il giornale, o a guardare la televisione? O si occuperà di fare da badante alla madre allettata? O imparerà ad usare il personal computer, visto che la testa è libera e vuota? Gli faccio queste domande, lui sorride e annuisce. Poi volge il viso verso la parete e parla con... qualcuno che noi non vediamo, ma che sicuramente gli sta spiegando come dovrà occupare le sue giornate...

 (pubblicato ne "Il fuoco di Lorenzo"; reperibile su ordinazione su www.lafeltrinelli.it o su www.ilmiolibro.it e nelle librerie Feltrinelli)

Renato Zero - Matti

mercoledì 11 aprile 2012

Patrimonio dell'UNESCO

E'un signore di 63 anni, piccolo piccolo; la moglie lo ha lasciato alcuni anni fa, stanca del suo alcolismo e dei suoi maltrattamenti e soprattutto delle sue stravaganze. Purtroppo ha abbandonato anche le figlie, ormai adulte ma con lavoro precario. Una famiglia sfasciata. Lui ha accusato il colpo e le sue stravaganze sono aumentate, al punto da costringerlo al ricovero. Un ricovero che si è, col tempo, trasformato in una residenza forzata, perchè le figlie non sono in grado di gestirlo ed hanno il terrore che lui ricominci con le sua bizzarrie.
Lui passa la giornata leggendo il giornale e fumando sigarette; il suo unico interlocutore è un altro signore molto malato che è convinto di essere posseduto dai diavoli perchè la gente gli ha fatto una "fattura", ormai da quarant'anni e di essere in punto di morte. Le conversazioni tra loro sono improntate a un dialogo nel quale uno ripete "sono morto" e l'altro ripete "ma la vuoi finire, ma ti pare che una fattura duri quarant'anni"; il tutto va avanti ogni giorno da alcuni anni.
Una volta la settimana, nei miei turni pomeridiani, ci sediamo ai due lati della scrivania tutti e tre e facciamo una follia a tre, loro ripetono il loro teatrino davanti a me ed io li ascolto ripetendo anch'io il mio copione "sono morto, mi deve dire la data perché la sa tutto il mondo" "ma la vuoi finire, ma ti pare che una fattura duri quarant'anni; digliela la verità, alla dottoressa, che TU SEI MOLTO,MOLTO MALATO!" ed io: "vedrà che tra dieci anni saremo qui a dirci le stesse cose." Il tutto, come già scritto, ormai da alcuni anni. Per loro questo colloquio è un diversivo e una valvola di sfogo, per me è ... non lo so nemmeno io, forse sono malata quanto loro.
Il signore piccolo piccolo però ieri mi ha detto:
"Dottoressa, lei non dovrebbe appartenere solo a suo marito; lei è un panorama: dovrebbe essere patrimonio dell'UNESCO."
Ma un complimento così, lo avete mai ricevuto? Ho sorriso nel mio cuore... gli sono stata grata...
Forse i matti siamo tre...

lunedì 9 aprile 2012

Il delinquente

Accerchiato: dalle due volanti si catapultano quattro agenti, pistole in mano. Lo circondano. Lui li guarda un po' stranito. "Molfeo Dionigi? É in arresto per rapina.”
Lo scortano, due ai lati e due davanti, senza riporre le armi, mantenendogli le braccia all'altezza del gomito. Lui, Dionigi, barcolla per un attimo, poi adegua la sua andatura, dinoccolata e dalle larghe falcate, alla loro, frettolosa e a brevi passi. Senza dire nulla, entra in una delle loro auto. Sirena, corsa fino al comando. Durante il tragitto non parla, guarda fuori dal finestrino come se la cosa non lo riguardasse. Anche gli agenti sono muti.
Davanti all'ispettore la conversazione prende una piega strana: "Tu sei Dionigi Molfeo?" "Sono Molfeo Molfeo Molfeo" "Ho capito! Sei stato tu a fare la rapina a casa dei vecchietti in piazza Dante! Facevi il palo!" "Il palo il palo il palo..." "La finisci di ripetere quello che dico? Sei stato tu?" "Sostatoio io io io..." BASTA! Mi prendi per il culo?" "Culoculoculoculoculo...." PIANTALA! Chiamate il suo avvocato." "Ispettore, Dionigi non ha l'avvocato. Ma non lo conosce? In paese lo conoscono tutti..."
“Ma che mi frega se lo conoscono tutti! Questo stronzo pensa di fare lo scemo con me! Ma io gli faccio ingoiare i denti…”
“Ispettore, guardi che Dionigi non è uno come tutti gli altri… lui non è a posto con la testa… è un minorato... gli altri lo sfottono e lo usano… Sapete che gli fanno fare, ad esempio: uno si mette a un lato della strada con l’estremità di uno spago, e a lui lo fanno mettere dall’altra parte… poi quando passa una macchina gli fanno tirare lo spago e così combinano un guaio… ma lui non capisce quasi niente… e poi lo mandano a provocare le ragazze e finisce che fa a cazzotti con i fidanzati di quelle! Entrano nelle case di notte e a lui lo mettono a fare il palo dicendogli di contare fino a mille fingendo di giocare a nascondino… Poi lo incitano a rubare in casa e gli portano via tutto. Sua madre alla fine è morta d’infarto, lui è rimasto col padre che è anziano; le sorelle si sono sposate e sono andate via, non ha nessun altro…”
“E allora perché ripete sempre quello che gli dico?” “Ma che ne so, fa sempre così… soffre anche di convulsioni… cade in mezzo alla strada…”
La storia di Dionigi ha una rapida evoluzione: processo in breve tempo, richiesta di perizia psichiatrica, condanna a… quanti anni di reclusione? Di proroga in proroga Dionigi si è fatto anziano; o meglio, adesso ha cinquantasette anni e ne dimostra settanta; continua a ripetere l’ultima parola di ogni frase che gli viene detta e vive in un istituto di riabilitazione, che riabilitarlo non può; il cervello ormai è andato quasi completamente, dato che le frequenti crisi convulsive hanno comportato altrettanto frequenti cadute con traumi cranici ed ematomi ripetuti; ogni tanto scambia cazzotti con qualche altro ospite dell’istituto, ma non possiamo dire che lui sia un infelice: vive quietamente la vita senza se, ma e perché; mangia e dorme, lo lavano e lo vestono, ma fa il proprio letto con una precisione che la migliore delle massaie gli invidierebbe e poi liscia le lenzuola un milione di volte; così, anche lui attende - senza consapevolezza? - quella luce infinita che gli darà la vera felicità.

domenica 8 aprile 2012

Una poesia di Alda Merini

Alda Merini, nata a Milano nel 1931, ha concluso la sua esistenza terrena nel 2009; già poetessa apprezzata, si ammalò nel 1947 di una malattia mentale e dal 1965 al 1972 conobbe la drammatica esperienza del manicomio.

La poesia che segue è tratta dalla raccolta "La volpe e il sipario".

"La mia poesia è alacre come il fuoco,
trascorre tra le mie dita come un rosario.
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnananna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce."


(Da La volpe e il sipario, 1997)

sabato 7 aprile 2012

Che succederà adesso? Qual è il destino degli ospiti degli OPG?

Gli OPG devono chiudere; le aziende sanitarie locali dovranno ricollocare i pazienti degli OPG presso altre strutture. Ci sono regioni d'Italia, però, che non solo non hanno le strutture per alloggiare questi utenti, ma non hanno nemmeno il becco di un quattrino per creare quelle strutture; anzi affogano nell'assoluta mancanza di risorse. Dove andranno a finire questi sventurati? Andranno avanti di proroga in proroga, aspettando che arrivi finalmente quell'agognato giorno nel quale usciranno dai bunker? o verranno riaffidati a famiglie impreparate ad accoglierli e lasciate senza sostegni di alcun genere?
La psichiatria Italiana naviga nel mare dell'eterno incompiuto; nella melma della pastoie burocratiche e delle leggi insane che vogliono il malato di mente capace di intendere e volere ma anche il medico colpevole per omessa custodia di incapace capace di intendere e volere, e le famiglie luoghi di abominio per non avere saputo indurre il congiunto, capace di intendere e volere ma non desideroso di curarsi, a curarsi appunto; la psichiatria italiana è tutto e il suo contrario e gli psichiatri sono insieme carnefici e vittime al pari delle famiglie; insomma una bolgia dall'inizio alla fine dove l'unico sistema per tenere tutto a galla è usare la fantasia e dribblare le leggi. Leggi per sani applicate a malati.

Il mio libro

sabato 10 marzo 2012

Sei morta.

Sei morta. Così, del tutto inaspettatamente, tu, donna di ferro, sei morta: in un soffio, la tua anima è schizzata fuori da quel corpo provato e appesantito. Non hai avuto il tempo di accorgerti di nulla, né di salutare quel figlio, ricoverato insieme a te, che tu hai distrutto per via del tuo amore malato, cambiandogli le terapie in continuazione, dandogli in continuazione messaggi ambigui, mettendolo contro se stesso e contro gli altri senza lasciarlo respirare un momento. Hai distrutto lui e fatto il lavaggio del cervello a schiere di medici; hai girato tutta la regione per salvare quel figlio che tu stessa massacravi, senza capire, senza volere; perché anche tu eri malata, gravemente malata. E così, quando abbiamo saputo, nonostante quello che ci hai fatto passare, ci è dispiaciuto; e qualcuno ha anche pianto: perché la vittima, alla fine, si affeziona al carnefice, e tutti siamo stati, come tuo figlio, le tue vittime, finché qualcuno è stato più forte di te e ti ha costretto al ricovero, facendo così il tuo bene: perché hai accettato, alla fine, che chi aveva più bisogno di accudimento eri proprio tu, e chi aveva più bisogno di coccole eri proprio tu; e chi aveva più bisogno degli altri eri proprio tu: e quando tutto era chiaro, la morte è arrivata e ti ha portato via.
Come per miracolo, tuo figlio, adesso, è felice.

martedì 28 febbraio 2012

Sigmund, come sei lontano…

La dottoressa A.S.
Sedicente futura psichiatra
Oggi vide un folle nel vulcano della propria crisi.
Ebbe terrore della sua violenza.
Eppure, per un ragazzo occhi e barba,
il nome del folle era “Stella”;
posava la fronte sulla sua fronte,
sebbene egli fosse sporco di sangue
e la sua follia facesse ribrezzo.
Io non raccolsi la sua ciabatta,
quasi potesse inquinarmi.
A prudente distanza dal lettino,
dove guizzavano ribelli i muscoli incatenati,
restai a chiedermi se fosse il genere di pazienti
con i quali avrei voluto dividere la vita.

Quello sguardo perso in pensieri sgangherati
E la bocca sdentata.

A.S. 1991 – I rev. 1994 – II rev. 2011

(Pubblicata ne "Il fuoco di Lorenzo", 2011; ed. Ilmiolibro.it)

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Franco Battiato, "La cura"

lunedì 13 febbraio 2012

Barzelletta, con affetto :-)

Per mitigare la drammaticità di questo blog, ogni tanto troverete delle barzellette a tema. Le cose in realtà non sono divertenti come si può pensare, ma dedico anche queste ai miei malati, con tanto affetto.

Un giornalista, andato a visitare un manicomio, intervista un tizio che crede di essere il Papa.
"Come mai è vestito tutto di bianco e impartisce benedizioni a tutti?".
"Vede, figliuolo, io sono il Papa!".
"E quando e' stato eletto?".
"Nessuno mi ha eletto; me lo ha detto Dio stesso!".
Un altro matto li' vicino: "Io??? Ma tu sei matto!!!".

Una scenetta sui "matti"

Tzia Jubanna

Tzia Jubanna (Zia Giovanna) era una donna molto seria, non troppo alta, grossa e con un occhio cieco per un'infezione che aveva preso a causa di un colpo di freddo per essere uscita all'aperto dopo che era stata tanto tempo vicino al forno dove aveva cotto il pane. Era avara con tutti, compresa se stessa, ma se un familiare le diceva di essere in difficoltà, lei non negava mai un aiuto economico.
Era una donna estremamente riservata: mai una parolaccia, una frase scurrile, un commento volgare, un'allusione a questioni sessuali. Mai un pettegolezzo.
Tutte le mattine andava alla prima messa , faceva la spesa quotidiana e, una volta rientrata a casa, non usciva per tutto il giorno e si dedicava interamente alle faccende domestiche e alla cura delle piante del grande cortile. Quando l'età non le consentì più di andare a messa, accendeva la tv e si raccoglieva in preghiera davanti allo schermo che trasmetteva la santa funzione tutte le domeniche.
Tutta la vita la trascorse così, in quel riserbo e in quella operosità.
Nel tempo libero faceva bellissimi ricami e leggeva il giornale, aiutandosi, dopo i quarant'anni, con una lente d'ingrandimento.
I figli crebbero in grande semplicità, erano dei pezzi di pane, laboriosi e di bel carattere.

Un giorno, vide in tv un ballerino con una tuta molto aderente: sorrise e fece un commento salace sui vistosi attributi sessuali di questo, messi in evidenza dall'abbigliamento.
I nipoti e i figli la guardarono sorpresi e imbarazzati: non erano abituati a un comportamento simile da parte di lei.
Fu quello il primo segnale visibile del suo declino cognitivo e più tardi anche fisico, che da allora fu progressivo e abbastanza rapido: diventò sciocca, con lo sguardo tipico di certi vecchietti che si definiscono rimbambiti, diceva cose scurrili e senza nesso logico; cantava canzoncine, spesso storpiandole e faceva rime imbarazzanti.
Era sicuramente divertente, ma per chi, come i figli, l'aveva conosciuta nel suo vero essere, era una pena vederla così ridotta. Alla fine della vita, che arrivò intorno ai settantacinque anni, non era più autonoma e necessitava di essere interamente accudita.
Morì per una crisi respiratoria, in ospedale.
Finalmente il suo viso riacquistò così le antiche sembianze di donna austera. La morte le restituì la dignità perduta.

Renato Zero, "Vecchio"

domenica 12 febbraio 2012

Buongiorno

Buongiorno a tutti, in particolare a mia mamma, alla mia famiglia e ai miei pazienti, con questa bella canzone di Loredana Bertè.

venerdì 10 febbraio 2012

La neve cade su tutti


Giorni di neve intensa; uno spettacolo straordinario, non fosse per il freddo e i disagi. Qualche senzatetto è morto assiderato, mentre tutta l'Italia faceva polemiche se spalare o aspettare che uscisse il sole a sciogliere quel ben/mal di Dio.
Quanti sono i senzatetto, ora che sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici e non ci sono abbastanza soldi per ricoverare quei malati nelle case di cura o nelle rare case famiglia? Quanti sono quelli che, persi gli anziani genitori e non avendo familiari ad accudirli, si trovano giocoforza in mezzo ad una strada, visto che la loro follia è troppo intollerabile?
Quanti sono coloro per i quali queste persone sono alla stregua degli animali randagi?
Ve lo siete mai chiesto?

giovedì 9 febbraio 2012

Voglia di cambiare

Ho deciso di cambiare la struttura del blog. Un po' perchè alcune storie sono state pubblicate e perciò mi dispiacerebbe se qualcuno le usasse come proprie, dal momento che quelle storie sono pezzi di me; un po' perchè vado incessantemente alla ricerca di novità, stimoli, cose interessanti, dato che la noia è sempre in agguato.
Ancora non so bene che farò; certo, il mio lavoro è al centro della mia vita, ma a volte diventa molto soffocante perchè la sofferenza è troppa e davvero ci si sente piccoli e impotenti.
Spero che a qualcuno piaccia leggermi; so bene di essere una sputasentenze, ma mi piacciono le cose che vanno in profondità e sono uno stimolo a migliorarsi di continuo; parlare della vita dei VIP può essere simpatico ma per tempi brevi, così come parlare del tempo o dell'amante della vicina di casa; alla fine ci si arricchisce ben poco.
Vi auguro la buonanotte.