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mercoledì 30 maggio 2012

domenica 13 maggio 2012

Perchè non si ripeta più

Arturo

(Da "Il fuoco di Lorenzo")
 Arturo assomiglia a Pippo, l'eroe spilungone di Topolino, un po' allocco e un po' furbo. Anche lui è di mezza età, ormai. Si sta facendo vecchio tra le mura di casa e quelle degli ospedali e delle cliniche tra le quali fa la spola. La scheletrica uniformità del suo viso allungato e scuro è bruscamente interrotta da due enormi occhi marrone che ti guardano a distanza ravvicinata (cosa che tento inutilmente di evitare) e mi ricordano quelli del mio cane quando mi supplica di qualcosa. In quegli occhi c'è allegria, ma allegria di che, dico io? Che c'è da stare allegri, con quella vita di cacca? Arturo, mentre parla, con la mano destra gesticola come fa Totò quando, con la mano, dice che sei fesso; ma non lo fa con quello scopo, anche se tale ti fa sentire, in fondo. Il suo gesticolare è caratteristico per via dei farmaci che assume da forse trent'anni, sebbene con estrema irregolarità. Farmaci che, insieme alla malattia, hanno modificato il corso della sua esistenza, facendola diventare un surrogato. Almeno per chi crede di essere sano. Nel camminare mantiene le mani unite, le schiena curva e le labbra protruse; il naso gli gocciola incessantemente, e sembra davvero una caricatura. La voce è cantilenante. In estate usa la camicia di jeans e in inverno su di essa un maglione blu a righe, ma sembra sempre che abbia due taglie di troppo. Strascica lentamente le ciabatte, anch'esse troppo abbondanti, tanto che ci saranno due centimetri tra il bordo e il calcagno. Arturo, negli ultimi tempi, è perplesso. Gli è successo qualcosa di insolito, e non ne sembra contento. Non ne parla volentieri e bisogna interrogarlo espressamente sull'argomento: Arturo non sente più le voci. Erano la sua compagnia, ormai da chissà quanti anni. Gli parlavano incessantemente e lo facevano sentire meno solo. Chissà quali erano i loro discorsi: forse gli raccontavano barzellette, forse gli parlavano d'amore, forse commentavano con lui le belle ragazze che passavano per strada, o forse gli suggerivano come comportarsi? Qualche volta gli avranno dato degli ordini, come spesso succede a questi ammalati, e lui li avrà anche eseguiti suo malgrado, non avendo la coscienza della loro irrealtà. Fatto sta che adesso Arturo è completamente solo. La sua testa si è svuotata. Non sa più come impiegare il tempo, quel tempo interminabile delle sue giornate di malato ormai cronico, senza più amici né lavoro né interessi, con una vecchia mamma allettata, spesso, in passato, vittima della sua furia di uomo comandato dalle voci, e che lo teme. Eppure ti viene da pensare: come si fa a temerlo, Arturo, con quegli occhioni giganteschi e languidi da cane fedele, con quel sorriso alla nicotina ingenuo e timido insieme. Invece Arturo può essere molto pericoloso, quando le voci gli dicono che si deve difendere da tutti quelli che gli vogliono far del male, e quando quella vecchia mamma gli nega i soldi per comprare il quarto pacchetto di sigarette della giornata, perché loro vivono di modeste pensioni. Che farà adesso, Arturo? Impiegherà il tempo a leggere il giornale, o a guardare la televisione? O si occuperà di fare da badante alla madre allettata? O imparerà ad usare il personal computer, visto che la testa è libera e vuota? Gli faccio queste domande, lui sorride e annuisce. Poi volge il viso verso la parete e parla con... qualcuno che noi non vediamo, ma che sicuramente gli sta spiegando come dovrà occupare le sue giornate...

 (pubblicato ne "Il fuoco di Lorenzo"; reperibile su ordinazione su www.lafeltrinelli.it o su www.ilmiolibro.it e nelle librerie Feltrinelli)

Renato Zero - Matti