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martedì 24 settembre 2013

Un occhio attento: conoscere la malattia mentale.

  Gli ultimi drammatici fatti di cronaca (l'omicidio di un turista a Roma e quello di una psichiatra dell'ASL di Bari da parte di persone affette da disturbi psichici), hanno nuovamente acceso i riflettori (che vanno ad intermittenza! ) sull'annosa questione della gestione della malattia mentale e indotto l'opinione pubblica ad avere paura di chi da essa è affetto. Le domande sono sempre quelle: il malato di mente é un pazzo? E allora, se è pazzo, è pericoloso? È facile fare l'equazione: malattia mentale = pericolosità sociale, ma quanti sono, in realtà,  quelli che conoscono a fondo questo mondo - quello della follia - insieme inquietante ed affascinante? Probabilmente solo gli addetti ai lavori e i familiari dei malati; e sì, dal momento che non ci sono altre opportunità,  nel corso della vita, per capirne qualcosa. La scuola dovrebbe educare alla salvaguardia della salute, ma riguardo a questo argomento,  così come accade per l'educazione sessuale,  essa sembra inadeguata o, peggio, indifferente. Come può un familiare capire che qualcosa sta accadendo ad un congiunto? La principale spia che qualcosa non va è il cambiamento: una trasformazione degli aspetti del carattere,  delle abitudini,  della vita fino a quel momento condotta. Un ragazzo che fino ad un certo punto è stato socievole ed allegro, pieno di amici, che improvvisamente inizia a chiudersi in camera e ad uscire solo la notte per mangiare,  oppure che vede nemici e complotti dappertutto;  una ragazza che prima si truccava e agghindava e improvvisamente o progressivamente diventa sciatta e disattenta alla cura di sè e piange continuamente,  un anziano che inizia a non trovare la strada o a non riconoscere luoghi o persone,  sono indizi che dovrebbero indurre i familiari ad accompagnare il congiunto a visita. Alcune situazioni saranno risolvibili, altre necessiteranno di monitoraggio o cure continue: certo è che non vanno trascurate. Non tutte saranno il preludio alla "pazzia" nè, tanto meno, alla pericolosità dell' individuo: spesso, per questi ammalati, siamo più pericolosi noi che non il contrario.

sabato 21 settembre 2013

Il dolore ha strani volti.

Chi poteva aspettarselo: vuole tornare all'OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) e farsi chiudere in una stanza. Una cella ben chiusa con una feritoia per far passare il cibo e fornita di servizi igienici, così da non dover più uscire. Vuol restare chiuso lì, dimenticato da tutti, a tempo indefinito, in quella stanza rettangolare oppure quadrata, ma che abbia lo spazio che gli consenta di passeggiare avanti e indietro e riflettere sul problema che lo attanaglia: il problema dell'AUTOCONTROLLO.
Ritiene che il suo problema sia quello: non riuscire a controllare gli impulsi mostruosi che lo inducono all'omicidio. Per fortuna, finora tentato tre volte e mai compiuto.
Piange singhiozzando, grossi lacrimoni gli rigano le guance.
Un mancato omicida che si dispera??? Dove mai s'è visto???
Non ti aspetti che quelle lacrime si infilzino dritte dentro il tuo cuore; ed anche i colleghi sono turbati. Vorremmo forse non credergli. Quelle lacrime sono di dolore e disperazione autentici.
Il vero dramma è che all'OPG per lui non c'è più posto, anche perché non ha commesso altri reati.
Senza contare che gli OPG dovrebbero progressivamente chiudere e dismettere tutti gli ammalati/criminali.
Qualche anno fa un collega fu ucciso da un paziente che voleva tornare in OPG.
Anche questo signore poco tempo fa prese un martello per darlo in testa a qualcuno, così da tornare in OPG a riflettere sul proprio autocontrollo.
Dovremmo cercare di accontentarlo, ma la legge non ce lo permette, a meno che non commetta altri reati.

Siete d'accordo con me sull'assurdità di tutto questo? Non è un serpente che si morde la coda? Non è una probabile tragedia annunciata???

Lui è un ammalato. Lui va tutelato e vanno tutelati anche coloro che potrebbero essere i prossimi protagonisti del suo delirio.
Tutti noi.

mercoledì 4 settembre 2013

La lista si è allungata


Ecco qua: un'altra vittima.  Questa volta si tratta di una collega,  psichiatra all'ASL di Bari, che ha avuto la sventura di rifiutare i soldi ad un tossicodipendente, il quale pochi minuti prima era stato presso un altro presidio sanitario dove non aveva trovato nessuno. Qualche giornalista geniale ha parlato di femminicidio, ma in questo caso la lotta tra i sessi non c'entra nulla e chiunque avesse avuto la sventura di negare i soldi a quel disgraziato, avrebbe probabilmente fatto la stessa fine.
Non se ne può più di subire questo sterminio di mogli mariti figli padri madri compagni per colpa di questi disgraziati.  Se sono malati che vengano sottoposti all'OBBLIGO DI CURA e se sono drogati gli si consenta di drogarsi LEGALIZZANDO questi veleni MA IMPEDENDO LORO DI AVERE LA PATENTE così che ammazzassero solo se stessi e obbligandoli a corsi informativi sui danni legati alle droghe.
BASTA CON QUESTO STERMINIO, basta con i pietismi che, alla fine, creano dolore e guai a tanti malcapitati innocenti. 

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