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lunedì 31 agosto 2015

Le scalette di via Roma

Felice scende le scalette di via Roma
Le ripide scalette
Mi incontra e chiede i soldi del caffè
Felice entra nel bar a prendere il caffè
E chiede al barista i soldi del giornale
Felice va dal giornalaio a prendere il giornale
E chiede al giornalaio i soldi del cornetto al cioccolato
Felice va dal pasticcere
Compra il cornetto al cioccolato coi soldi del giornalaio
Dal quale ha comprato il giornale coi soldi del barista
Dal quale ha comprato il caffè coi soldi chiesti a me
E chiede al pasticcere i soldi per la felicità
E il pasticcere glieli dà
E Felice va da Mariella
Che gli dà la felicità
Per quei soldi gli dà un bacio
E gli fa una carezza
E Felice risale le scalette di via Roma
Le ripide scalette
Felice è felice
E Felice è un matto
E Mariella è una matta
Ma sanno il segreto della felicità
Nessuno dei due ve lo dirà.


Annalisa Soddu

domenica 30 agosto 2015

La pietà

Urlava terribilmente e piangeva tanto da indurre paura. Accanto a lui, la madre cercava inutilmente di trovare parole di conforto, ma lui non solo non voleva ascoltare, la insultava addirittura.
Infine, entrò con le stesse modalità nella stanza dei colloqui, stringendo forte con la mano destra il muscolo pettorale sinistro e in lacrime, gridando che non ce la faceva più, che gli aspirassero quella voce che gli parlava dal petto dicendogli le cose più terribili. Non ci fu verso di calmarlo e fu difficile anche convincerlo ad assumere una integrazione di terapia. Uscì poi dalla stanza, urlando le stesse cose. Chiudemmo la porta, la collega ed io, guardandoci negli occhi senza parlare, provate da quanto avevamo appena visto e sentito.
Un istante dopo la porta si aprì ed entrò la madre del ragazzo, una donna di circa sessant'anni, vestita e pettinata in modo semplice. Aveva un tovagliolo di carta col quale asciugava in continuazione il viso irrorato di lacrime,  torceva il busto implorando Dio che il figlio si uccidesse, e dicendo al figlio assente: "Ucciditi! Perchè non ti uccidi! Tanti si uccidono, tu perchè non lo fai? Non ti potevi uccidere anzichè prendere la droga vent'anni fa? Vedi? Molti prendono la pistola e si uccidono: dopo mi uccido anche io e così risolviamo il problema! Così finalmente smetti di soffrire e anche io! Da quando hai conosciuto la droga non abbiamo più avuto vita! Siamo andati in tutto il mondo per toglierti questo pensiero e questa voce nel petto e non c'è stato niente da fare! Dio, tu ne fai morire tanti! Quei profughi arrivano già morti! Su quelle barche! Prenditi anche lui, lui si uccide e così finisce! Perchè lui no? Perchè? Ma io perchè vengo a trovarlo, che tanto vedo sempre questo dolore, non ce la faccio più, non lo posso vedere in queste condizioni. Ucciditi oppure la pistola la prendo io, prima sparo a te e poi sparo a me stessa e così non ti vedo più soffrire!"
La collega ed io ci guardammo senza poter emettere alcun suono. Cercavamo di non far sfuggire le lacrime, ma era visibile che eravamo in difficoltà nel trattenerle. Madri entrambe, sentivamo i visceri torcersi al pensiero terribile che ciò che soffriva questa madre poteva capitare a chiunque, noi comprese. Provammo per questa donna una infinita pietà; avevamo davanti la cartella del ragazzo, nel tentativo di alleviarne le sofferenze con qualche variazione di una terapia che, in realtà, sapevamo benissimo essere l'ennesima di una serie di terapie che nel corso dei vent'anni trascorsi avevano avuto nessuna o solo parziale efficacia.
Che cosa è in questi casi la professionalità? Solo ciò che ti salva dall'abbandonarti alle emozioni e alle paure. Ciò che ti consente di apparire fredda quando invece vorresti unirti a chi ti urla di fronte e urlare insieme, all'infinito e col pugno alzato in una eterna maledizione al cielo.
"Signora adesso cerchi di tranquillizzarsi; cerchiamo di cambiare la terapia e di aiutare suo figlio. Vedrà che tra poco le gocce faranno effetto".
Ma lei ci dà tanti punti, lei avvezza al dolore e rassegnata alla sua interminabilità, rassegnata alla speranza della morte liberatrice.
Lei che asciuga l'ultima lacrima, ringrazia dignitosamente e va via.
Noi, madri che siamo state figlie, che siamo sorelle, che siamo... che siamo? Chi siamo?
Siamo medici e non ce lo dobbiamo dimenticare. Curve sulla cartella, facciamo un altro tentativo con la terapia.