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venerdì 30 agosto 2013

La passione del caregiver

La signora Marzia contrasse matrimonio; era felice come tutte le giovani spose e così era il suo sposo. Erano innamorati e volevano metter su famiglia, con tutte le migliori intenzioni.
La signora Marzia, pur così giovane, aveva avuto qualche momento di difficoltà: dei periodi di tristezza passeggeri, che non avevano ridotto l'amore che il marito nutriva per lei, così carina e dolce. E poi aveva anche dei periodi migliori, in cui era allegra e piena di vita.
Dopo l'ultima gravidanza - ebbe due figli maschi - manifestò un brutto momento, con molta tristezza e difficoltà ad occuparsi dei figli, ma per l'ennesima volta si sottopose a delle cure e tutto sembrò passare; migliorò nelle capacità di accudimento e come potè tirò su i due bambini. D'un tratto sentì che le energie aumentavano a dismisura: iniziò a pulire la casa con foga, con grande velocità seppure in modo impreciso; ma poi sentì che qualcosa era cambiato: era cominciata, dentro di lei, la lotta tra il bene e il male e, lungo la sua schiena, era comparso un serpente che altri non era che il Maligno. In casa, poi, le Presenze erano una ulteriore testimonianza che Satana avesse preso possesso della sua umile dimora.
Cominciò pertanto ad intensificare la frequenza alla chiesa, a tal punto che trascurò i figli, che crebbero sempre più soli e da lei trascurati, poichè diventò difficile curare quel nuovo aspetto del disturbo della signora. Il marito si diede al bere e iniziò a maltrattarla, con le parole e, a volte, anche con le mani.
Il figlio più piccolo era comunque molto legato alla madre e volle proteggerla: ne diventò l'ombra, l'infermiere, il curatore, il cuoco, il servo, il difensore. Per lei interruppe gli studi ben avviati, non si allontanava mai troppo per paura di lasciarla sola a subire i maltrattamenti da parte del padre  e arrivò al punto, quando perse il lavoro per la grave crisi che attanagliava il Paese, di rinunciare a cercarlo fuori dal piccolo paese per non abbandonare la madre, il cui disturbo si era cronicizzato senza più speranze di guarigione.
Era un uomo dolce e mite, abituato a soffrire e, quando andò male anche un legame affettivo con una ragazza della quale era perdutamente innamorato, soffrì in silenzio, senza farsi accorgere: fu davvero un colpo terribile per lui, dal quale si riprese a fatica, ben sapendo che, dopo di lei, non avrebbe mai più provato un sentimento analogo.
Si aggiunse al tutto la terribile malattia del padre, che potè essere curata solo mediante una gravissima mutilazione di questi, che in seguito aumentò la quotidiana quantità di alcol. Allora l'uomo mite si fece carico anche di lui.
Pian piano l'uomo mite si ammalò. Piangeva, piangeva sempre; le forze iniziarono a mancargli, si trascurava, non mangiava più, non dormiva più, era in allarme per ogni sciocchezza. Iniziò anche lui a prendere medicinali e si riprese per un periodo, nel quale continuò ad annullarsi per prendersi cura di padre, madre, casa, cani e gatti.
La seconda delusione amorosa lo annientò.
Fu così che gli prescrissi di fare una vacanza e, poichè faceva resistenza, dissi ai familiari che lo buttassero fuori a calci.
A mali estremi, estremi rimedi.
Il padre pianse, la madre rise.


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