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ANTEPRIMA di "Festa sotto le stelle" di Annalisa Soddu- Aletti editore


SINOSSI:
Vivacità e allegria sono le doti della cagnolina Festa, randagia di quartiere capitata per caso davanti al palazzo di Salvatore, ragazzino di prima media appassionato di Internet e social network.
La storia a lieto fine della piccola Festa si svolge in un microcosmo dei nostri giorni, dove le persone vivono tra piccoli egoismi e per gli animali c'è poco spazio, soprattutto quando il problema principale diventa quello di «non poter andare in vacanza» perché essi rappresentano un disturbo.
Festa sotto le stelle si pone dalla parte degli animali, per sottolineare che l'abbandono è la causa principale del randagismo e che basterebbe in realtà davvero poco per riuscire a conciliare le legittime esigenze degli umani con il piacere e il dovere di prendersi cura di chi è indifeso e non chiede altro che un pasto e un pochino di affetto.
ANNALISA SODDU è nata a Nuoro nel 1962; svolge l'attività di psichiatra presso una casa di cura di Avellino.
Ha pubblicato "Il fuoco di Lorenzo", racconti di psichiatria, 2011, ed. Ilmiolibro, e "Interni", silloge poetica, 2013, ed. TraccePerLaMeta. Ha partecipato a concorsi letterari ottenendo premi, pubblicazioni e segnalazioni.


"Festa sotto le stelle" è la storia di una dolcissima cagnolina randagia, Festa, che il caso porta davanti al palazzo di Salvatore, ragazzino di prima media appassionato di Internet e dei social network; Salvatore ha già una cagnolina, Leprotta, che presto farà amicizia con Festa.
La famiglia e gli amici di Salvatore si impegnano nel cercare di trovare una collocazione per la piccola randagia, ma incontrano mille difficoltà legate soprattutto alla impossibilità dei vari interpellati di "andare in vacanza" a causa della presenza di un cane in casa. Finalmente sembra che l'ingegner Mascandrini, uomo molto ricco, decida di tenerla con sè, ma ecco che arrivano delle divertenti sorprese...
Dopo varie peripezie, la storia avrà un lieto fine, ma gli umani coinvolti non fanno certo una bella figura!





FESTA SOTTO LE STELLE - ANTEPRIMA

Capitolo I: Salvatore

“Mamma, io non ho più fame”.
“Come? Ma se non hai mangiato nulla”!
“Sono sazio! Posso alzarmi da tavola”?
“No! È cattiva educazione”!
“Dai, solo stavolta…”.
“Pasquale, hai sentito”?
“E lascialo andare…per questa volta…”.
“Grazie papà”!
Salvatore corse in camera e accese finalmente il computer. Aveva
finito tutti i compiti, sistemato lo zaino ed ora l’oggetto del suo
desiderio era lì, davanti a lui.
Attese impaziente che lo schermo si illuminasse e che il PC
completasse la procedura: password, programmi, antivirus; fatto.
Febbrile, aprì Internet e andò sul proprio canale. Aveva uno
pseudonimo, si chiamava “MisterMagicMan501”.
Indossò le cuffie, collegò il microfono e registrò l’ennesima
magica avventura su Blubb: costruzioni virtuali di case, strade,
ponti, pozzi, bunkers, gallerie.
Ciò che molti anni prima bimbi di un’altra epoca facevano con i
mattoncini di plastica, lui lo faceva con il computer. Nel
frattempo, registrava la spiegazione del suo percorso virtuale per
poterla poi pubblicare sul suo canale, che contava già 45 iscritti.
Ogni nuova iscrizione lo emozionava e, quando qualcuno cliccava
su “mi piace” o lasciava qualche commento entusiasta: “sai che
sei bravo!” “ Bello!”, quasi si sentiva venir meno per la felicità;
iniziava ad immaginare un mondo fantastico nel quale,
protagonista munito di occhiali per la visione tridimensionale,
insegnava a folle di ragazzini adoranti come costruire la
megalopoli virtuale alla quale aveva dato il nome di
MisterMagicTown.
Con grande disappunto dei suoi genitori, trascorreva al computer
quanto più tempo possibile. Lo rimproveravano in continuazione,
inutilmente, perché erano di carattere debole e molto impegnati
nel lavoro; perciò, alla fine, riusciva a fare ciò che voleva.
D’altra parte non avevano reali motivi per rimproverarlo: a scuola
faceva la prima media ed era molto bravo, si faceva voler bene da
tutti e aveva anche una fidanzatina, Marilena, una compagna di
classe con la quale, nelle belle giornate, usciva in compagnia di
altre due coppie di compagni.
Passeggiavano un paio d’ore sul viale a cinquecento metri da casa
masticando gomme e mangiando patatine.
A volte di sabato, nel tardo pomeriggio, si vedevano per mangiare
una pizza finché i genitori non andavano a riprenderli. Si
divertivano raccontandosi le battute e le barzellette che venivano
condivise sul social network al quale tutti erano iscritti, Blackfoot,
e imitando i professori.
Salvatore finì di registrare la spiegazione della sua ennesima
costruzione virtuale e poi si mise in linea per la videochiamata con
i suoi amici. Chiamò prima Luigi e poi Alex e tutti e tre si
disposero a fare la quotidiana chiacchierata serale:
“Ciao raga, come va”?
“Bene, sono riuscito a fare gli esercizi di matematica in fretta”.
“Io devo ancore finire! Uffa, la belva sanguinaria mi sta già
dicendo di andare a dormire”.
Dormire??? Avrebbero chiacchierato fino all’indomani, se i
genitori di tutti e tre non avessero fatto quelle continue incursioni,
piombando come falchi alle loro spalle e lanciando urla isteriche:
“SALVATORE, SPEGNI TUTTO E VATTENE A LETTO!” o,
peggio, distribuendo scappellotti come faceva il padre di Alex o
spegnendo a tradimento lo schermo come la madre di Luigi,
appunto la “belva sanguinaria”.
Alle dieci e mezzo la mamma di Salvatore decise il blitz finale:
Se non spegni entro trenta secondi ti sequestro il motore.
Quando lo diceva con quel tono, Salvatore sapeva che lo avrebbe
fatto. Con grande stizza salutò gli amici e tutti e tre spensero il
computer. Dicendo parolacce tra i denti, si preparò per la notte.
La signora Mariolina era un tipo un po’ strano. Salvatore e il padre
la chiamavano “la foca monaca” perché era alquanto rotonda,
con una forma che ricordava vagamente quella di una pera; il viso
era molto carino, ma per la forte miopia era costretta a portare un
paio di occhiali dalle lenti spesse. Aveva i capelli di media
lunghezza, biondo scuro con ciocche più chiare, il collo lungo, le
spalle un po’ strette e man mano il corpo si allargava scendendo
verso i fianchi; le gambe grassotte finivano in due piedi piccoli ma
larghi e un po’ piatti, per cui il marito diceva che aveva le pinne e,
con quella struttura fisica, mai e poi mai sarebbe affondata.
Prepararsi per la notte per Salvatore voleva dire che, tra lo
spegnere il computer e infilarsi sotto le coperte per abbandonarsi
di botto al sonno – era talmente stanco che gli occhi quasi gli si
chiudevano – doveva passare un’altra mezz’oretta; si preparò e
lavò i denti molto velocemente e… andò a giocare con la
cagnolina Leprotta, di due anni, che viveva con loro da quando era
cucciola. Salvatore se n’era innamorato appena l’aveva vista,
penultima di una cucciolata di cinque splendidi cagnolini meticci,
figli della bianca ed elegante Lulù, a due palazzi di distanza.
Per averla aveva dovuto supplicare la madre in ginocchio ed in
lacrime, riuscendo così a vincerne la resistenza già di per sé molto
blanda, dato che la signora Mariolina non aveva alcuna attitudine
al comando .
“Mi prometti che te ne occuperai? “Ceeeeeeertoooo”! L’avrebbe
nutrita, dissetata, portata a fare la pipì nel campo abbandonato di
fronte al palazzo e avrebbe raccolto la cacca,  così come imponevano la
buona educazione e la normativa sugli animali.
Quando promise solennemente, era sinceramente convinto, tale
era l’amore che provava per quella creaturina indifesa.
Così, asciugate le lacrime, andò felice dalla signora Brunilde,
proprietaria di Lulù, alla quale non parve vero di essere finalmente
riuscita a far adottare anche l’ultima produttrice di bisognini,
rimasta sola perché un po’ meno carina degli altri; mai e poi mai la
signora avrebbe abbandonato i cuccioli in mezzo alla strada o,
peggio ancora, in un cassonetto dell’immondizia, come si leggeva
sempre più spesso sui giornali. Dopo questa cucciolata, avrebbe
fatto sterilizzare la sua Lulù, che aveva anche avuto un parto
molto difficile, perché sarebbe stato molto complicato trovare altri
padroni per futuri cuccioli.
Inutile dire che di tutte quelle promesse fatte due anni prima,
rimaneva ben poco; infatti ora Salvatore si limitava a giocarci
facendo il tiro alla fune o al massimo, dopo le sfuriate paterne,
ogni tanto scendeva con Leprotta per una frettolosa pipì e subito
risaliva per rituffarsi nel suo mondo virtuale.
All’ennesimo rimprovero per l’ora tarda, decise di infilarsi sotto le
coperte e si girò di fianco : “O Dio! Guidami, proteggimi! Fa’ di
me una lampada…”, ma il sonno lo avvolse tra le sue spire e lo
condusse in sogno, nella grandiosa MisterMagicTown: enormi
palazzi di vetro scintillante multicolore, con una specie di raggio
laser, venivano continuamente sbriciolati e ricostruiti di fronte a
ragazzini dai volti adoranti: “Mi piace”! “LOL”! Nell’aria
volavano faccine sorridenti, dita carnose aleggiavano su enormi
tastiere colorate e mouses di tutte le fogge e dimensioni facevano
infiniti “click” sulla scritta azzurra: “condividi”, “condividi”,
“condividi”...
Nella città virtuale si combatteva una dura battaglia: l’ominicolo
Mistermagic e il canidicolo Lepròttardan si sfidavano a duello.
Mistermagic indossava un’armatura bicolore rossa-verde e, dalle
strane estremità squadrate, emetteva saette che polverizzavano
qualunque oggetto incrociassero. Lepròttardan invece, aveva delle
sembianze che ricordavano vagamente quelle di un cane pezzato;
era in grado di lanciare infiniti denti acuminati da una enorme
bocca fornita di quattro lingue. I due si inseguivano a turno,
nascondendosi dietro colonne di mattoni giallo ocra che
all’improvviso si materializzavano sulla scena; saette e denti
acuminati si intrecciavano nell’etere ma i due mostri non ne
avevano alcun danno…
L’indomani lo aspettavano il compito di inglese e l’interrogazione
di storia.



Recensione della dott.ssa M. Carocci su Oubliette Magazine

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