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domenica 23 novembre 2014

Lei mi chiede perché comprai la pistola

"Lei mi chiede perché comprai la pistola.
Erano entrati i ladri in casa già alcune volte; sempre quando non c'era nessuno. Eh sì, perché se fossero entrati di notte, per esempio, non sarebbero passati inosservati. Il mio secondogenito non dormiva mai. Mai, né di giorno né di notte. Questo da quando si era ammalato di quella psicosi maledetta che non accettava e non voleva curare. Rifiutava qualunque medicina. Non usciva mai perché pensava che tutti lo spiassero e ce l'avessero con lui. In casa, però, si sfogava con noi. Non nel senso di confidarsi per cercare sollievo, ma che si sfogava SU di noi. Ci riteneva la causa delle sue disgrazie e ci aggrediva, prima con le parole e col tempo anche con la violenza fisica. Soprattutto infieriva sulla madre.
Il sette dicembre mi aggredì, mi afferrò per il bavero e iniziò a strattonarmi, mi sollevò di qualche centimetro, urlando che me l'avrebbe fatta pagare. Mi trovai la pistola in mano e sparai.
Erano solo cinque giorni che avevo quella pistola".

venerdì 17 ottobre 2014

-La donna guarita dalla depressione-

Risorsi, dopo tre anni.
Fu come un click.
Un interruttore che s'accese.
Fu come il nembo dissolto dal raggio di sole.
Andò via.
Dal giaciglio torpido nel quale fui come pupazzo inerte
Alzai lo sguardo.
Di fronte al mio letto vidi una finestra
E oltre
La vita.



Annalisa Soddu,
16/10/14
(Tutti i diritti riservati)


Scritta per la conclusione del "Depression Day", che si svolgerà a Santa Paolina (AV), nella sala del Comune, sabato prossimo 18 Ottobre alle 16.30

giovedì 25 settembre 2014

NON VOGLIO!

-AAAAHHHH!!! AAAHHH! NON LA VOGLIO! NON LA VOGLIO!

-PRENDILA! PRENDILA SUBITO!

-NOOOO! NON LA VOGLIOOO!!!

Singhiozzi strozzati, lacrime ed urla: così Mario esprime il suo dissenso alla terapia, che non accetta per nessun motivo.
-PRENDILA DISGRAZIATO!- urla a sua volta l’operatore: -PERCHÉ NON LA VUOI PRENDERE!
-NOOOOO!!! È TOSSICA! MI STATE AVVELENANDO!
Urla e si contorce; l’operatore lo afferra per un braccio e tenta di infilargli le compresse in bocca, con forza. Mario serra le labbra, l’operatore gli dà uno schiaffo.
Mario porta la mano alla guancia, ma, convinto che la terapia sia velenosa, continua a tenere le labbra serrate. L’operatore perde la ragione, crede che Mario lo faccia apposta: inizia un pestaggio.
Lo scaraventa a terra e lo riempie di calci, si getta su di lui e gli tempesta il viso di pugni.
Un colpo più forte degli altri o, forse, dato in un punto vitale, spegne la vita di Mario.
Mario non può più esprimere il suo dissenso.
Gli altri anziani guardano terrorizzati e immobili.
Qualche ora dopo, interrogato dalla polizia e sotto shock, l’operatore dirà, a sua discolpa, che Mario lo provocava rifiutando sistematicamente la terapia.


(Questo racconto completamente inventato, ma che potrebbe essere reale date le caratteristiche dei personaggi, è pubblicato sulla rivista online "Euterpe" numero 12, sul tema "Forme di consenso e di dissenso", scaricabile al link
http://rivista-euterpe.blogspot.it/p/leggi-i-numeri-della-rivista.html?m=0 )

venerdì 19 settembre 2014

Ogni volta che vedo la tua foto...

"Ogni volta che vedo la tua foto mi viene in mente quando ci siamo conosciuti in questa clinica, non riesco a dimenticare il tuo viso xchè vedo sempre la tua immagine nei miei occhi che brillano solo x te mia cara ... non riesco a dormire xchè quando prendo sonno davanti ai miei occhi ci sei sempre tu e ti percepisco.
Cara C. quando scendo x le scale spero di essere il primo a vederti, sono geloso che qualcuno ti saluta prima di me, xché vorrei essere io a salutarti per primo.
Tante stelle nel cielo che brillano solo x te AMORE MIO la mia stella si è spenta x te, non ho voglia di fare brutta figura davanti agli amici. Se é possibile parlare da soli xché dobbiamo chiarirci e parlare un po' insieme da soli dove nessuno ci vede. Se è possibile farlo mi scrivi o mi telefoni, fammelo sapere al più presto.
Ciao C. , spero che tu riesca a leggere la mia scrittura. Se non riesci a leggerla te la scrivo a stampatello, fammelo sapere.
Tu lo sai che io ti voglio tanto bene e spero anche tu ricambi il mio bene.
Nell'attesa di una tua risposta cordiali saluti da A. P."

lunedì 15 settembre 2014

"I mille volti dell'amore" - salotto letterario

Domenica 21 settembre dalle ore 19.30 alle ore 22.00 ad Atripalda (AV), presso le " Officine del naturale - erboristeria e sala da tè", in via San Nicola 80, si terrà un salotto letterario intitolato "I mille volti dell'amore": scrittori e poeti leggeranno le loro opere sull'amore nelle sue infinite manifestazioni. Vi sarà un intermezzo musicale.
Gli autori sono invitati a portare una breve biografia per essere presentati al pubblico e qualche copia delle loro opere nel caso altri fossero interessati ad acquistarle. Non è richiesto né corrisposto alcun compenso.
Verrà offerto un piccolo rinfresco.
Ingresso libero.
Gli arrivi sono previsti tra le 19,30 e le 20,00.

martedì 2 settembre 2014

Quel disgraziato

-QUEL DISGRAZIATOOOOO! QUEL DISGRAZIATOOOOO! CE L'HA CON ME! È CONTRO DI ME!
-Perché? Che ha fatto?
-FUMAAA!
-Come sarebbe a dire? Ce l'ha con lei perché fuma?
-Sì! IL FUMO È CONTRO DI ME!
-Ma perché? Non capisco!
-Perché è FU - mo! DIVENTA TUTTO CENERE COME QUANDO MUOIOOOOO!



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giovedì 28 agosto 2014

Lettera del sig. A. alla sua dottoressa

24/9/2013

Cara dottoressa S. , prima di iniziare questo biglietto voglio prima dirle che lei è nel mio cuore da anni e per questo le voglio un bene enorme. Io non ho mai dimenticato quello che ha fatto per me. Lei è una donna meravigliosa, è straordinario quello che fa lei. Ha dei colloqui con G.M , un pazzo squilibrato eppure con la sua pazienza lo riceve, senza parlare dei colloqui con B. e con me. Lei è una donna bellissima, piena di classe, con un volto stupendo e 2 occhi incantevoli.
Dottoressa S. erano anni che non dormivo grazie a lei che adesso dormo. E le dirò ancora una di queste domeniche mi organizzo e ci facciamo un bel pranzo.
P. S. Dimenticavo di dirvi che il signor B. afferma che la terapia è avvelenata.
Dottoressa S. mi scuso della calligrafia ma con questi occhiali non vedo.
Bene la saluto chi sempre le vuol bene il suo paziente A.


(La lettera è stata trascritta così com'era)

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domenica 3 agosto 2014

Pensieri...

Questo lavoro mi pone in una posizione privilegiata. Raccolgo confidenze, emozioni, espressioni e segreti dei quali sono a volte l'unica depositaria. Attraverso coloro che mi degnano della loro fiducia, posso venire a conoscenza di storie bellissime anche nella loro drammaticità, perché vere e perché attraverso di esse posso confrontarmi con aspetti della vita che altrimenti non avrei mai potuto conoscere.
Ma quello che mi crea davvero grande dolore è che in alcuni casi è come se avessi la sfera magica, attraverso la quale posso prevedere come andrà a finire. So che è il prezzo che ogni medico deve pagare nella professione, ma, credetemi, non sempre è piacevole. Come non è piacevole dovere in alcuni casi raccontare bugie, sì pietose, ma che recano tanta amarezza.
Mi conforta il pensiero che, a volte,  quelle stesse bugie ridanno vigore e speranza e, raramente, possono paradossalmente anche provocare qualche piccolo miracolo.
Il primo vero miracolo è però, quando un semplice sorriso e un ascolto attento e reale, non di facciata, portano sollievo. In questi casi mi sento contenta e penso che valga la pena andare avanti.

sabato 28 giugno 2014

La madre

A capo chino, lentamente avanza.
Risuonano i passi sul viale alberato.
Tra i rami, frenetici uccelli danzano.
La città inquieta è a valle.

Vaga il ricordo,
a lei che stringeva,
quando la rese madre;
alle trecce ben pettinate
dei giorni della scuola.

Alte porte, ai lati delle scale.
Oltre, divise azzurre.

E, finalmente,  la stanza.
Un largo sorriso,
Lo sguardo  perso e fatuo.

Ingoiando una lacrima,
farà ancora, dei suoi capelli,
trecce ben pettinate.


Annalisa Soddu
18/4/2014
Tutti i diritti riservati)

giovedì 26 giugno 2014

Riflessioni

Dopo l'incontro col giudice, Giuseppe iniziò a riflettere. Sdraiato sul letto dell'ospedale nel quale si trovava ricoverato, in lotta contro la morte da due giorni, per una epatite acuta da farmaci e nonostante la spossatezza che lo invadeva, il suo cervello, quasi in automatismo, si sforzava di capire il perché della sentenza, quella che gli toglieva la patria potestà, impedendogli di vedere il figlio senza la presenza della madre. Eppure lui era stato un autista di pullman, aveva lavorato. Era anche un bel ragazzo. Inoltre, il figlio voleva vedere lui. Era anche andato a trovarlo lì all'ospedale, accompagnato dalla madre. Avendo sedici anni, lo avevano fatto salire al reparto e lui gli aveva sorriso e si erano abbracciati.
Con lo stesso sorriso fatuo, gli occhi azzurri innocenti sbarrati e le braccia sotto la testa, Giuseppe ruminava pensieri guardando il soffitto.
Non era più padre di suo figlio e non era più marito di sua moglie. Inoltre non era più figlio di suo padre, infatti suo padre, sorridendogli stancamente come i suoi ottant'anni gli consentivano, lo aveva informato che il suo tutore era, adesso, suo fratello, Francesco, più piccolo di lui di tre anni.
Roba da matti, pensava Giuseppe: lui è più piccolo di me e fa il mio tutore... roba da matti...
Si volse quindi verso la finestra, al cui davanzale era appoggiato il medico con la cartella in mano:
"Dottore, come mai?"
"Come mai cosa, Giuseppe?"
"Come mai non posso vedere mio figlio?"
"Non saprei; tu che spiegazione ti sei dato?"
"Non lo so." 
"Ma che succede, Giuseppe? Hai deciso di riflettere proprio adesso?"
"Sì."
"Ma no, a che serve..."
"Non so."
"Ciao Giuseppe."
"Ciao dottore."
Giuseppe rivolse nuovamente lo sguardo al soffitto. 
Una lunga crepa lo attraversava quasi in parallelo alla parete della finestra.
"Una crepa", pensò. 
"Ah. Allora... adesso è tutto chiaro."



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lunedì 26 maggio 2014

AVELLINO SOLIDALE - 6 GIUGNO: L'ARTE IN TAVOLA - ARTISTI VARI

Venerdì 6 giugno 2014 dalle ore 17.30 

Avellino, parrocchia SS. Trinità dei poveri, via Luigi Imbimbo presso mensa dei poveri.
Poesie, racconti, canzoni e musica! Arte solidale con raccolta di alimenti a favore delle famiglie disagiate.
Organizzato dalla Associazione San Vincenzo De Paoli.
Il biglietto d’ingresso è rappresentato da una spesa alimentare (solo alimenti confezionati a lunga scadenza).
Un po’ di alimenti confezionati saranno il biglietto d’ingresso di questo spettacolo solidale organizzato dalla Associazione san Vincenzo De Paoli di Avellino a favore delle famiglie disagiate. La crisi economica e lavorativa si fa sempre più forte e sempre più famiglie hanno serie difficoltà. Pertanto, alcuni artisti si avvicenderanno venerdì 6 giugno in una kermesse. Poesie, racconti, canzoni e musica per stringere tutti in un abbraccio.



martedì 20 maggio 2014

Ventidue

- Dottore' fatemi un biglietto che mi rassicuri, ho paura...
- Sì, certo che glielo scrivo; di quali giorni ha paura?
- Eh... questi giorni...
- Di quali in particolare?
- Il ventidue...
- Come mai il ventidue?
- Il 22... i pazzi...



lunedì 5 maggio 2014

-Pazzie di Settembre-

Cantavano  i poeti dell’autunno
Dalle foglie caduche gialle e molli
Dei colori rossastri di settembre
E del canto sommesso degli uccelli.

Io canto d’una scrivania, sempre la stessa
E di una penna con un marchio rosso,
Di nuvole vissute alla finestra
E volti assenti, fatui e sofferenti.

Canto di lunghe ore di lavoro
D’ascolto, di paure e bizzarrie.
Il mio settembre sta sui loro visi
Sempre gli stessi, da dieci anni in qui.

Gli anni che vanno vedo in faccia a loro
E dopo in me allo specchio li ritrovo.
Noi carcerati tra le stesse mura
Al freddo inverno insieme giungeremo.



A. S. 27/8/13

Questa poesia, da riferirsi alla mia attività di psichiatra presso una lungodegenza, è appena stata premiata con segnalazione di merito con targa e attestato, insieme ad altre 149 su un totale di ben 2160 poesie pervenute al premio per il III concorso nazionale di poesia intitolato ad Alda Merini, la cui premiazione si è svolta sabato 3 maggio a Catanzaro. Il premio ha avuto 5 vincitori assoluti; il primo classificato è il prof. Dante Maffia, candidato al premio Nobel per la letteratura. Una bella soddisfazione per me!

domenica 26 gennaio 2014

"Le storie di A" diventa ebook gratuito

"Le storie di A",  dalla fondazione alla fine del 2013, diventa ebook, in formato .pdf e in formato .epub , entrambi scaricabili gratuitamente tramite l'accesso ai rispettivi links.
Tutte le spiegazioni a questo fatto le trovate nell'introduzione; se l'idea vi piace, vi chiedo di fare beneficenza a chi volete voi. Io ho inserito dei links a me graditi, ma non sono vincolanti.
Vi ringrazio tanto.

Le storie di A - storie da un blog - formato .pdf - scaricabile gratuitamente; in cambio fate una donazione a qualche sito di utilità sociale, come la Fondazione Gocongo oppure Il Rifugio di Camilla oppure la Li Ri Gì life smiles 

Le storie di A - storie da un blog - formato .epub - scaricabile gratuitamente; in cambio fate una donazione a qualche sito di utilità sociale, come la Fondazione Gocongo oppure Il Rifugio di Camilla oppure la Li Ri Gì life smiles 


giovedì 16 gennaio 2014

"Non erano coccole..." (racconto breve)

Nel condominio tirava la solita aria: la signora delle pulizie era arrivata di buon’ora, come testimoniava l'odore penetrante di detergente alla lavanda.
Tra le sette e le otto e trenta c’era l'uscita di coloro  che si recavano al lavoro e, un paio d’ore dopo, delle casalinghe che si recavano a far la spesa o negli uffici.
Tutti andavano di fretta e, poiché nel condominio c’erano dei dissapori legati alle spese sostenute per la riparazione del tetto e il rifacimento della facciata,  era raro che le persone che si incontravano si fermassero a scambiare due chiacchiere.
Da alcuni giorni il prof. De Cerebellis, illustre primario di cardiochirurgia della famosa casa di cura Villa della Trippa, era andato a vivere in quel palazzo. Era un uomo austero, molto garbato e riservato, al punto da apparire superbo.
Durante il trasloco,  gli altri condomini osservavano dalle finestre,  cercando di non farsi vedere e, in breve tempo, conobbero vita, morte e miracoli del nuovo inquilino.
Più o meno nello stesso periodo,  arrivarono anche due cittadini dell’est europeo, che presero alloggio nel sottotetto,  una piccolissima, gelida e umida mansarda, uomini dai lineamenti duri e lo sguardo sfuggente.
Un mercoledì mattina di una giornata insulsa,  il condòmino signor Barbagiorgio, del quarto piano interno C, uscì d'impeto dal palazzo, urlando: "Che schifo! Che indecenza!" Fermò un altro condòmino, il signor Difretta,  e gli disse:" Ma  che indecenza! Che schifo! Ha visto! Qualcuno ha imbrattato i tasti dell'ascensore!"
"Imbrattato? Ascensore? " Strabuzzò gli occhi il signor Difretta.
"Sì!" incalzò Barbagiorgio: "Caccole! Caccole di naso appiccicate ai tasti dell'ascensore! Uno schifo!"
"Possibile?" il signor Difretta non credeva alle proprie orecchie. Barbagiorgio lo condusse all'ascensore prendendolo per il gomito.  "Ecco!" urlò, aprendo le portiere.  "Ecco! Guardi qui, che orrore!"
Difretta sporse la testa: piccole caccole verdi erano effettivamente appiccicate su alcuni tasti. "Possibile? " mormorò allibito. "Non era mai successo! Chi potrebbe essere?"
"Guarda caso ci sono degli inquilini  nuovi! Sarà qualcuno di loro!"
"Possibile?" ripeté Difretta. "Mah... Il professore De Cerebellis mi pare improbabile...ha un'aria così seria..."
"Saranno i due tizi dell'est! E poi... chi mi dice  che non possa essere il professore? Ieri l'ho visto uscire dall'ascensore con un fazzolettino in mano e si puliva le mani..." fece eco Barbagiorgio. Chiamò col cellulare l'amministratore che, informato della cosa, mandò subito la signora Cinzia a ripulire i tasti. "Oh mio Dio! " disse la signora, "che schifezza! Da far venire il voltastomaco! "
In breve tempo, tutto il palazzo venne a sapere della novità. Smorfie di disgusto si disegnarono sui visi. Qualcuno portò la mano alla bocca per reprimere un conato, altri avvicinarono al naso un fazzoletto di carta profumato al mentolo. Ognuno di loro cominciò a interrogarsi sul responsabile. Poi conclusero che poteva esser stato qualche bambino e non ci pensarono più.
Il venerdì successivo,  intorno alle 15,30, la signora Battichiodo, inquilina del secondo piano interno A, rientrò dopo una giornata molto faticosa. Infilò la chiave nella toppa del portoncino d'ingresso e aprì spingendo col piede. Quindi spinse la maniglia per richiudere… e avvertì qualcosa di attaccaticcio sotto le dita.
Guardare e cacciare un urlo acutissimo, fu tutt'uno: la maniglia era cosparsa di caccole!  Sentendo le urla, i condomini si affacciarono alla scala, convinti che fosse successo qualcosa di grave, ma, quando capirono il motivo, cominciarono ad avvertire una certa inquietudine.
Da quel momento ebbero paura a toccare qualunque cosa e osservavano con attenzione prima di poggiare la mano su maniglie e tasti, terrorizzati all'idea di toccare caccole collose. "E chi poi? Sicuramente gli slavi!" insinuò la signora Fritti del 4 piano interno B,  parlando al telefono con l'amica Gianuaria Scucitasca, di mestiere sarta. "Sì puoi stare certa", disse costei. "Questi stranieri sono tutti sporchi e maleducati. E però hanno anche la faccia di lamentarsi se le gambe dei pantaloni che mi fanno accorciare sono leggermente asimmetriche! Per uno - due centimetri fanno tante di quelle storie…”. “Ah sì!” proseguì la Fritti: “e poi per stare giorno e notte con un anziano pretendono anche la mezza giornata libera!”
Dopo una settimana, non essendosi la cosa più ripetuta, gli inquilini pensarono nuovamente alla monelleria di qualche bambino. Forse uno dei quattro figli della signora Sbatacchi, secondo piano interno B, molto scalmanati? Oppure il vecchietto indementito padre del signor Scassambrelli, quinto piano interno A?
No, quasi certamente i due extracomunitari, dal momento che prima del loro arrivo la cosa non succedeva. O possibile che fosse il professore? Lo si vedeva uscire spesso, con un fazzolettino in mano.
Il terzo mercoledì successivo al venerdì del secondo episodio,  toccò alla signora Ruttini, quinto piano interno C, trovare l'allegra sorpresa: infatti, le cassette delle lettere erano cosparse di caccole nasali, fin dentro la fessura. Ella quasi svenne, dopo l'urlo di rito. Ancora una volta i condomini si affacciarono alla scala; dopo di che si scatenò la caccia all'uomo.
Ognuno di loro si appostava dietro porte e finestre per cogliere il malfattore sul fatto. Qualcuno filmava tutto col cellulare mettendo in evidenza orario e data e segnalando che a tale ora era tutto pulito, mentre a talaltra le caccole erano distribuite lungo la ringhiera della scala,  o la porticina del vano elettricità o i tasti del citofono.
Da quel fatidico giorno in cui la signora Ruttini fu vittima, le caccole vennero rinvenute quasi quotidianamente. Le signore erano sul piede di guerra, pronte a intervenire con ombrelli e scope sulla schiena del serial killer,  se lo avessero scoperto.
Il signor Barbagiorgio,  però, covava un sospetto; e ben presto iniziò a diffonderlo, indicando come reo nientemeno che il professore De Cerebellis. Barbagiorgio si definiva sicuro del fatto suo, affermando di essersi appostato più volte e che scaricare le colpe sugli slavi era solo indice di razzismo. Per esempio,  avevano fatto caso, i gentili condòmini, che il martedì e il giovedì il cardiochirurgo, dovendo operare,  usciva di casa alle 7.45 per poi rientrare a tarda sera? In quei giorni, se si ripuliva dalle caccole alle 8.00 , non ricomparivano che dopo il rientro del professore!
Barbagiorgio dimostrò la cosa con fotografie aventi l'orario in sovraimpressione e le mostrò ai condomini che tempestarono di telefonate l'amministratore,  il quale si vide costretto a convocare il professore e fargli una lavata di testa, avvisandolo che, se i fatti si fossero ripetuti,  avrebbe preso dei provvedimenti legali; nel dire questo,  si chiedeva come un uomo apparentemente così distinto potesse avere una sì disgustosa abitudine e si guardò bene dallo stringergli la mano, temendo fosse impiastrata di caccole.
Il professore De Cerebellis,  sconvolto,  tentò debolmente di negare, ma almeno riuscì finalmente a spiegarsi perché i condòmini lo guardassero torvi e lo salutassero a malapena!
Tutto sembrava essere contro di lui: date e orari dello scaccolamento coincidevano con le sue abitudini di vita e c'era davvero da impazzire; le prove erano schiaccianti! Se lui non avesse saputo di non essere lo scaccolatore di palazzo Straficoni, sarebbe stato il primo a indicarsi come colpevole. Qualcuno, fu la sua conclusione, aveva deciso di incastrarlo e lui non ne capiva il motivo.
Aveva però avuto l'impressione di venire spiato; infatti, ogni volta che usciva o rientrava, le tendine di una certa finestra erano leggermente scostate e si intravedeva una figura. Inoltre, c'era una persona che spesso fingeva di armeggiare con la portiera dell' auto o sistemava le piante sul balcone in coincidenza dell'uscita di casa del professore.
Fu così che un martedì,  giorno di interventi chirurgici, nell' uscire alle 7.45, intuì da alcuni rumori che quel qualcuno origliava. Scese con l'ascensore,  trovandolo pulito (la signora Cinzia era passata alle sei), ma, anziché uscire dal palazzo, chiuse rumorosamente il portone, attivò la fotocamera del cellulare e, veloce e silenzioso, salì le scale.
Barbagiorgio fu sopreso dal flash della fotocamera mentre, con l'indice della mano sinistra infilato nel naso, imbrattava con l'altra mano lo specchio dell' ascensore!
Rimase talmente sorpreso che non aprì bocca nè mosse un muscolo: restò lì, inebetito, col dito nel naso, a guardare De Cerebellis che riponeva il cellulare in tasca, con aria severa e senza proferire parola.
La sera dopo, davanti all'amministratore e alla presenza dei signori Difretta, Ruttini, Scassambrelli padre (evidentemente meno indementito del previsto) e Battichiodo, il professore De Cerebellis mostrava la foto di Barbagiorgio in flagranza di reato. Questi, accasciato su una sedia, non parlava.
"...E adesso", gli chiese il professore,  “sarebbe così gentile da spiegarmi perché mi ha fatto questo, dato che nemmeno ci conosciamo e non ho mai avuto a che fare con lei? "
"Ah... Non ci conosciamo, vero!?" si rianimò Barbagiorgio.  "Lo dici tu che non ci conosciamo! "
Estrasse dalla tasca della giacca una foto, mostrandola a tutti i presenti: "E questi chi sono? Eh? CHI SONO! "
La foto ritraeva due bambini e una bambina col grembiulino dell'asilo.
"Guarda questa foto! Adesso mi riconosci? "
De Cerebellis prese la foto: "Ma questo sono io! E gli altri due chi sono? "
"Chi sono, vero? Fai finta di non riconoscermi! Io ti ho riconosciuto subito! Anche se son passati sessant'anni! E questa bambina non te la ricordi, eh? È Mariangela! Io ero innamorato di lei! E lei scelse te solo perché le regalasti quello stupido bracciale di conchiglie! Avevo giurato che te l'avrei fatta pagare! ..."

copyright Annalisa Soddu
13 gennaio 2014
all rights reserved - tutti i diritti riservati

lunedì 13 gennaio 2014

Il distributore

C'è un signore cocciuto che lavora in una piccola residenza di 20 pazienti: tutti vecchi schizofrenici senza più parenti stretti che si interessino a loro, ormai indementiti, incapaci di autonomia. Incapaci anche di leggere, seguire un programma televisivo, interessarsi alla vita, alla gente, incapaci di fare un discorso logico, incapaci di rispettare le regole. Dediti solo al fumo e al caffè, senza i quali diventano nervosi e irritabili.
Il signore cocciuto si adira, tenta di farli rigar dritto, si adira ancor di più con il personale del quale lui è responsabile: è caparbio e in più gli piace comandare, far vedere chi è il capo. Dà ordini a destra e a sinistra, maltratta verbalmente i suoi sottoposti e fa notare loro qualunque mancanza; non c'è mai nulla che gli vada bene, non dà mai la soddisfazione di dire a qualcuno: "Bravo, hai lavorato bene".
Il signore cocciuto ha la tasca sempre gonfia.
La tasca contiene un pacchetto di sigarette.
E' un pacchetto che non si esaurisce mai, sembra la borsa di Mary Poppins, dalla quale -ricordate?- usciva anche la lampada a lungo stelo.
Da quel pacchetto esce un fiume di sigarette. Ogni giorno, i venti pazienti si avvicendano innumerevoli volte; lui distribuisce le sigarette ponendo delle regole: "te la do adesso, ma per mezz'ora non te ne darò altre."
I pazienti si accontentano: afferrano la sigaretta fulmineamente e subito la portano alla bocca; in dieci tiri l'hanno finita e poi si riaffacciano alla tasca, ma lui garbatamente dice "No, te l'ho data poco fa, torna tra un po'." E questo accade tante volte, finchè, passata l'ora, lui elargisce un'altra sigaretta.
Quanto spende in sigarette il signore cocciuto? Almeno quanto un mutuo; sì, è lui che le compra, non i familiari o la proprietà della struttura.
Quelle sigarette sono il ringraziamento del signore cocciuto a quegli ammalati, che danno da vivere a lui e alla sua famiglia. Anche se lui ha un caratteraccio e non dà soddisfazione e anche se il resto del personale gli parla alle spalle lanciandogli improperi e maledizioni.
E anche se con quei soldi magari avrebbe potuto comprare una macchina più bella o regalare ai suoi figli vacanze migliori.
I soldi vanno in fumo, ma lui è felice così.