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venerdì 26 luglio 2013

I parenti

Questa storiella mi fu raccontata qualche anno fa da una collega che lavorava in un ospedale.

Un giorno fu trovato, buttato in mezzo alla strada, un corpo rantolante e febbricitante. Era ubriaco fino al midollo, ma anche gravemente ammalato. Tramite l'ottimo servizio del 118 venne trasportato in ospedale, ove fu fatta diagnosi di polmonite. L'uomo non aveva nessuno, perchè aveva dato fastidio per tanti anni, a causa del suo alcolismo, cosicchè i familiari lo avevano abbandonato al proprio destino e non se ne curavano più.
Grazie alle cure praticate, ebbe un rapido miglioramento così da rimettersi in piedi abbastanza presto.
Una mattina, mentre chiacchierava nella sala d'attesa del reparto, ebbe un infarto fulminante e morì. I soccorsi immediati e l'utilizzo del defibrillatore non valsero a restituirgli la vita.
I parenti, rintracciati a stento, gli fecero fare un funerale molto economico, giusto per levarselo dai piedi definitivamente prima possibile.
Passato qualche mese, però, decisero che, forse, dalla situazione avrebbero potuto ricavare qualcosa: molte pubblicità insistevano sulla malasanità e offrivano l'opera di valenti avvocati addestrati allo scopo. Si profilava la possibilità di avere un bel risarcimento.
Fecero, dunque, la denuncia e tutti i medici che avevano messo mano alla cartella furono indagati. Dovettero cercare degli avvocati e iniziarono per loro dei mesi d'inferno. Ognuno di loro ripercorreva quotidianamente col pensiero il proprio operato, anche più volte al giorno, sebbene non riuscissero a trovare alcunché che potesse giustificare tale denuncia. Alcuni di loro persero il sonno e andarono in depressione; altri dovettero chiedere un prestito per pagare le spese degli avvocati e dei periti di parte.
Dopo qualche mese, i parenti, su consiglio dei loro avvocati, chiesero ed ottennero di riesumare la salma per effettuare un'autopsia e delle indagini radiografiche, ma, a causa dell'eccessiva economia osservata per le esequie, la salma era talmente decomposta da non consentire i riscontri.
Insomma, passati quattro anni d'inferno, i medici furono tutti assolti per non aver commesso il fatto e i parenti dovettero pagare le spese processuali: ma da allora qualcuno non dorme più senza pastiglie ed altri praticano ad oltranza la medicina difensiva, sottoponendo i pazienti ad un'infinità di esami costosi ed inutili che, però, servono a tutelare il medico riguardo a nuovi tentativi di ottenere risarcimenti da parte di mascalzoni.

A voi le conclusioni.

sabato 20 luglio 2013

C'erano una volta...

C'erano una volta... i manicomi. Erano dei posti molto brutti, dove le persone venivano spesso rinchiuse perché davano fastidio, oppure perché erano proprio pazze pazzissime, così da combinare un sacco di guai e non potere assolutamente essere tenute in casa. Poi i manicomi si tentò di eliminarli progressivamente e rimasero altre strutture che, a vario titolo e in varia maniera, ospitarono i malati.
Uno di questi si chiamava Francesco, noto Ciccio. Non era proprio un classico malato di mente, ma un ragazzone altissimo di trent'anni, magro da far paura e con un'età mentale di circa tre anni. Non era un ragazzo cattivo, ma aveva un'abilità straordinaria nell'accorgersi di chi, invece, voleva fare il cattivo con lui e, in queste occasioni, partiva di destro come il più esperto dei pugili, per rompere nasi e zigomi e lasciare vistosi occhi viola. Era, perciò, temutissimo, ma ogni tanto qualche sgarbataggine sfuggiva ugualmente e bisognava solo sperare di non essere sufficientemente a tiro.
Ciccio aveva anche una modalità tutta sua di essere affettuoso con la mamma: le circondava il collo in un tenero abbraccio e stringeva fino a che la poveretta si sentiva venir meno.
Perciò fu necessario trasferirlo in una struttura. I primi tempi furono molto difficili, perchè Ciccio non ci voleva stare e quando i genitori andavano a trovarlo, si ritrovavano con le braccia livide, tanta era la forza con la quale le stringeva; poi si adattò alla situazione. D'altronde, lui non chiedeva molto: voleva solo dormire e mangiare e faceva continuamente le stesse domande; solo che le faceva nel suo dialetto e con una voce quasi da bambino, perciò comprenderlo era difficilissimo... ed esponeva l'interlocutore al rischio del famoso tiro di destro. Ciccio, infatti, se non compreso diventava torvo e fissava il poveretto, che iniziava a sudare freddo e a disperarsi, ma per fortuna qualcuno degli altri utenti (e chiamali matti!) spesso arrivava in suo soccorso facendo la traduzione simultanea.
Dopo vari anni di degenza, i vertici della sanità locale decisero che Ciccio non era adatto a stare in quella struttura nella quale lui si sentiva di casa, ma doveva essere trasferito lontano, in un posto adatto a quelli che, come lui, erano affetti, secondo la diagnosi del Manuale Dei Manuali, da "Disturbi della condotta in ritardo mentale".
Vennero in pompa magna: Primario, Assistente sociale, Psicologa, Infermieri, Scagnozzi, Tirapiedi, Portaborse e Portamerende, Caffettiere Straordinario e Gran Ciambellano di Corte: chiamarono un'Ambulanza Ufficiale e, tenendosi alla giusta distanza in macchine che seguivano l'Ambulanza Ufficiale, lo fecero accompagnare senza se e senza ma, senza che potesse dire né A e né BA, da uno di quelli che già lo conoscevano bene: ma, quando Ciccio mise piede sul Sacro Suolo dell'Istituto di Riabilitazione dei Ritardatari Disturbatori Della Condotta E Della Quiete Degli Altri, iniziò a strillare come un'aquila o come un pollo e a menare fendenti tutt'intorno, facendo il vuoto intorno a sè.
Pertanto l'accompagnatore, unico ad essere risparmiato dalla furia, lo rialloggiò nell'Ambulanza Ufficiale e lo riportò lì donde era venuto, come si suol dire.
Indispettiti e non contenti di non essere riusciti a far rispettare la legge a un ritardato mentale, i vertici della sanità ricorsero a un altro trucco: qualche giorno dopo, anzichè abituare gradualmente il ragazzo alla nuova situazione, circondandolo dell'affetto dei suoi cari e della compagnia di persone a lui note,  pretesero che il medico di guardia della struttura di provenienza gli facesse una bella iniezione sedativa, che venisse coricato addormentato sulla barella dell'Ambulanza Ufficiale così da metterlo di fronte al fatto compiuto.
Ma il medico di guardia disse loro: "fossi scemo, fatelo voi!!!!! Non è compito mio e voi non siete i miei superiori! Arrangiatevi"!
Così nessuno di loro ebbe il coraggio di fare una iniezione a Ciccio e Ciccio rimase dov'era.


E adesso ditemi: meglio i Pazzi o meglio gli Scemi???????????

giovedì 18 luglio 2013

Mio cognato

"Pronto, è la dottoressa"?
"Sì, mi dica".
"Vorrei ricoverare mio cognato".
"Chi è"?
"Sono il cognato".
"SÌ! Ma chi è".
"Sono il cognato di mio cognato".
"Ho capito! Ma chi è"!?
"È mio cognato"!
"Sì! Ma chi è suo cognato"!
"Ah! Giovanni! È già stato ricoverato"!
"Giovanni chi"?
"Giovanni! Mio cognato! È stato ricoverato dieci anni fa! Se lo ricorda"?
....

:-)

domenica 14 luglio 2013

Il signor Luigi cammina all'indietro.

Il signor Luigi ha poco più di cinquant'anni, è  separato e ha tre figli grandi: chi lavora e chi studia all'università. La ex moglie, per amore dei figli  e perchè è una brava persona, ha comunque cura di lui e collabora con la cognata, sorella del signor Luigi, nel suo accudimento.
Il signor Luigi si è ammalato all'improvviso, pochi anni fa: ha iniziato a vedere un complotto ordito dall'esercito e si immedesima in un militare, parla con un commilitone di azioni strategiche, si protegge dai nemici e dalle bombe e, purtroppo, vede nemici dappertutto, motivo per cui può essere molto pericoloso, lui che era una pasta d'uomo.
Per fortuna ha finalmente risposto bene all'ennesimo tentativo terapeutico, anche se ha sempre gli azzurrissimi occhi sbarrati in uno sguardo decisamente inquietante.
Ora, però, accade una cosa strana: il signor Luigi cammina all'indietro.
Fa come il gambero!
Che può essere successo? Vien da ridere, a vederlo; disgraziatamente scappa da ridere anche a me, che stupidamente penso ad una stravaganza.
Più saggio di me, mi dice: "C'è poco da ridere; io non voglio camminare così".
Mortificata per aver perso il mio atteggiamento professionale ed avergli forse dato un dispiacere, mi scuso con lui: "Mi scusi, signor Luigi; pensavo stesse giocando". "Non sto giocando; è la schiena che si è curvata e mi fa pendere; per non cadere sono costretto a camminare all'indietro".
Capisco che si tratta di un effetto sgradevole della nuova terapia; la cosa mi dispiace moltissimo, perché è l'unico farmaco che gli ha fatto passare i deliri e le allucinazioni, rendendolo anche nuovamente innocuo.
Che paziente sfortunato...
Provvedo subito a inserire un farmaco adatto a contrastare gli effetti, ma nei giorni e nei mesi successivi, nonostante altri farmaci indicati allo scopo e la consulenza di un bravo ortopedico, dovrò constatare la risoluzione solo parziale del fenomeno.
Così, il signor Luigi continua a pendere come la torre di Pisa, ma almeno è tornato ad essere l'uomo buono, beneducato e gentile che è sempre stato.
Come dice il proverbio? Tra i due mali scegliamo il minore...
Peccato che qui si tratti di una vita umana e, davvero, il male minore non c'è.



sabato 13 luglio 2013

Sono morto.

Si inginocchia di fronte alla porta dell' ambulatorio,  fa il segno della croce e prega: "Fa' che il dottore venga, non ho con chi parlare..."
Il rito si ripete una volta la settimana, quando il dottore trova mezz'oretta da dedicare solo a lui. Sorride mestamente e con gratitudine : "Dottore, l'ho aspettata. Ho pregato che arrivasse,  non ho nessuno per parlare".
"Venga, si accomodi.  Come va oggi"?
Lui, immancabilmente,  mostra le braccia e scopre l'addome: "Sono morto, mi sono fatto secco secco, ho un tumore". Piange singhiozzando senza lacrime.
Il dottore sorride alzando gli occhi al cielo. Sa esattamente quali parole il sig. Aldo pronuncerà,  è un rituale che si ripete ogni settimana da anni.
"Ma no, Aldo, il peso è sempre quello e gli esami sono perfetti. Ma prende la sua terapia o fa storie?  Non è che la sputa?  Guardi che, se vengo a sapere questo, non parleremo mai più"!
"NO NO dottore, la prendo. Adesso però ho paura per il 26 luglio".
"Paura di che"? Dice il dottore, già conoscendo la risposta. "Che mi succeda qualcosa per sant'Anna".
"Perchè per Sant'Anna"?
"La mia prima fidanzata si chiamava Anna".
"Ma non le può succedere niente!  Vuole che le faccia un altro biglietto"?
"Sì grazie... questo è già tutto sgualcito... ma poi posso essere sicuro che non mi succede niente"?
"Certo!  Stia tranquillo. Ecco qua : attesto che il signor Aldo non ha motivo di preoccuparsi per la propria salute e supererà senza problemi il giorno 26 luglio e tutti i mesi del 2013 e del 2014 e oltre".
"Grazie dottore. Ci vediamo la prossima settimana?  Ho solo lei per parlare. La prego, venga"!
"Sì, vengo. Arrivederci. Stia tranquillo".
Lo guarda allontanarsi, chiedendosi chi tra i due sia più pazzo...

mercoledì 10 luglio 2013

Una vita che riprende il suo corso.

Poter contribuire a dare una nuova chance a chi voleva togliersi la vita, equivale a partorire. E' sublime e straordinario, un privilegio senza eguali.

Veder rifiorire il sorriso e rinascere la speranza sono esperienze che tolgono il fiato.
Favorire il riprendere del corso di una vita è come togliere l'ostacolo che aveva impedito al fiume di scorrere.

Ci ha provato più volte, con freddezza e lucidità, con un cuore impietrito, con un'angoscia tombale.
Senza più la speranza.
Perdere la speranza è già morire.

Qualcosa non ha funzionato e il ritrovarsi ancora qui, suo malgrado, non ha fatto altro che confermare la disistima di sé, per non aver avuto la capacità di fuggire da questo mondo.

Un segreto colloquio avviene, sera dopo sera, quando la notte favorisce la confidenza e il liberarsi delle emozioni. Parole scritte, non pronunciate, senza vedersi in viso, senza poter scorgere il pudore e la vergogna.

A piccoli passi il sorriso e la speranza riprendono a camminare nel suo cuore.

Il fiume sta ritrovando la strada.