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martedì 3 febbraio 2015

Il tetto.

C'è un lunghissimo tetto verde, a due spioventi e che si angola nell'andare da un blocco all'altro del palazzo.
È un tetto di lamiera che copre il corridoio che conduce al piccolo bar.
Al di sopra, tre piani di finestre con ante di dimensioni tali da non consentire gesti inconsulti.
Da diversi giorni il responsabile della manutenzione è ammalato; perciò nessuno sale sul tetto per ripulirlo.
Ogni giorno il lunghissimo tetto si anima: scarpe vecchie e nuove, alcune deformate, altre lucidissime, disposte in pose grottesche, come la caduta dall'alto ha voluto che assumessero; alcune sembra che, assumendo quella posa, abbiano voluto restare nello stesso modo in cui lo sgangherato proprietario le portava, una qui e una lì, con le punte a virgola; canottiere e mutande; maglie; qualche bottiglia di plastica; un'arancia che sembra posata con cautela sul bordo (ma chi poteva arrivare a tale distanza?); resti di sigaretta; interi rotoli di carta igienica; bicchieri di plastica; panini e tanto altro.
La vita dei matti parla da quel tetto.
Dalla mia finestra guardo e sorrido... e già che ci sono, lancio la mia penna.
Sto con voi, ragazzi!