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sabato 2 aprile 2016

Un puntino

Stava molto bene, il signor... quella sera; si preparava per andare a dormire con serenità, quasi allegria. Il solito rituale dei denti, non la doccia perché la faceva la mattina e perciò la sera si dava una rinfrescata, il pigiama di cotone a righe (strano, come i carcerati delle barzellette?), la vestaglia dalla stampa che simulava un tessuto damascato, morbida e calda, come le pantofole di pile blu scuro, il giornale sotto il braccio per l'ultima lettura conciliante il sonno, indispensabile associazione all'ipnotico che assumeva ormai da 15 anni, epoca in cui ebbe uno strano stato dell'animo, di cupa tristezza, e un pensiero fisso che lo disturbava; ma che passò, alla fine, con una bella e forte cura data da uno specialista, amico di un amico che ne conosceva di ogni genere, dato che, essendo ipocondriaco, era sempre alla ricerca di chi lo liberasse dal tormento della convinzione di essere ammalato.
Al termine della lettura della pagina dello sport, le palpebre penzolanti si arresero al tepore della notte; il signor... si addormentò beatamente e placidamente, come uno di quei putti da affresco, con le guanciotte rosse e l'aria appagata di chi ha appena fatto la poppata.
Alle quattro del mattino, quelle stesse palpebre si aprirono di scatto. Gli occhi proiettati nel vuoto non vedevano altro che ombre nere e la luce dei lampioni affacciarsi dagli spiragli della tapparella; la testa, invece, aveva un pensiero. Uno solo.
Facendo leva sul braccio sinistro, dopo aver ruotato sul fianco per non sforzare la colonna vertebrale disseminata  di ernie e protrusioni, si sollevò sul letto e, restando appoggiato sul gomito, con i capelli arruffati, l'aria perplessa, lasciò vagare gli occhi nella penombra, cercando di capire quale sensazione nuova lo turbasse. Lentamente, dal profondo della coscienza, capì che qualcosa era cambiato.
Un puntino. Lui era solo un puntino nell'universo. A sinistra c'era l'infinito, a destra c'era l'infinito e così sotto e sopra.
Adesso era tutto chiaro. Lui era il nulla, un puntino nell'infinito Universo; perciò non c'era più niente da fare: lui era il nulla, la sua vita non aveva alcun senso, essendo lui un puntino. Un insignificante puntino.
La recente consapevolezza gli ricordò che analogo pensiero, seppure meno intenso, lo aveva attanagliato 15 anni prima; ma questo era un pensiero assai più terribile di quello, perché gli dava un'angoscia via via più forte, che gli levava il fiato, lo condannava al silenzio, all'immobilità e, soprattutto, alla certezza che a quel punto, solo il suicidio avrebbe lenito la pena del non essere altro che il nulla.

Poche ore dopo, dal lettino della clinica dove era stato ricoverato con il suo consenso, i dottori del giro visite della mattina ascoltavano a labbra schiuse e con la sorpresa stampata in viso quella storia insieme affascinante e straziante, tale era il dolore di quell'angoscia.

Le conclusioni? Presto per dirlo, attendiamo l'effetto della terapia.
Certo è che dopo ogni racconto che i nostri pazienti fanno, noi siamo certi di essere solo un puntino nell'universo. 
E allora, la differenza... dove sta?

Serena notte.