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giovedì 7 novembre 2013

La mela è marcia!

Molti anni fa, entrai in reparto dopo una notte molto tranquilla; giusto una chiamata per trattare un'insonnia. 
Verso le sette gli infermieri vollero offrirmi il caffè e passai nuovamente per il reparto. La maggior parte dei pazienti indugiavano ancora tra le coperte,  d'altra parte non erano attesi in ufficio e potevano permetterselo. 
Il corridoio era libero e silenzioso. Mi diressi verso la piccola cucina, situata all'estremità dello stesso. Per giungervi si doveva svoltare a destra, dato che il corridoio formava una L. 
Tre metri dietro l'angolo si materializzò all'improvviso una folle urlante: uscì d'impeto dalla stanza al grido di "la mela è marcia! La mela è marcia"!
Mi vide e si fermò: gli occhi erano sbarrati, i capelli in disordine, la bocca priva degli incisivi inferiori. Tacque. Poi lanciò un altro grido e si avventò nella direzione della mia persona.
Mi sentii come se dal centro del petto il cuore fosse sceso verso il basso. Non vi dico poi l'intestino, per pudore: anzi, sono convinta che per qualche istante abbia tentato di allontanarsi strisciando sul pavimento.
Ho avuto anche l'impressione che i capelli, per simpatia, abbiano copiato la pettinatura della signora, disponendosi a raggiera sulla sommità del cranio, dal quale il sangue era calato in un attimo ai piedi per prepararli alla fuga. E infatti un piede, quello destro, era ruotato di 180 gradi, mentre il sinistro voleva lanciare la scarpa in alto in un pallido tentativo di difesa. Gli occhi -i miei- erano sicuramente sbarrati, lo so perché tanto si sono fatti grandi che li ho visti riflessi nella finestra.
Quanto durò quell'attimo non saprei dire; ma la classe non è acqua, dice il proverbio: e mica vorrai perdere la tua elevata professionalità solo perché ti stai facendo sotto dalla paura! Nella peggiore delle ipotesi ti strapperà tutti i capelli; se però mi rompesse gli occhiali mi darebbe fastidio, perchè, poi, se non vedo neanche sento...
Da dove mi sia arrivato il lampo di genio non posso capirlo: fatto sta che misi le mani avanti con i palmi aperti in direzione della signora, assunsi una severa aria di rimprovero e dissi con voce ferma (se sapesse, la signora, quanto ho faticato per raccogliere il fiato!): "NO"!
Ebbene, Dio e tutte le schiere celesti mi fecero 'o miracolo: la signora si bloccò al centro del corridoio (venti centimetri dalla sottoscritta), mi guardò sorpresa... si voltò e percorse la strada a ritroso continuando ad urlare: "La mela è marcia"! Ed io, passando dietro di lei a distanza accuratamente calcolata, dissi "Non si preoccupi, adesso ci pensiamo noi"!
Così, sempre guardandomi le spalle, mentre la signora rientrava nella sua stanza, deglutendo un infinito numero di volte, mentre il sangue dalle caviglie risaliva al cervello provocando un intenso formicolio e le gambe tremolanti stentavano a mantenermi eretta, facendo finta di niente entrai nella piccola cucina dove il profumo del caffè si annunciava come una medicina e dissi agli infermieri: "Ah... la signora Porfido è agitata... datele venti gocce di delorazepam..."
Quindi mi schiantai sulla sedia e, finalmente, bevvi l'agognato caffè.


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