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domenica 24 novembre 2013

Ti lasciai

Ti lasciai con rabbia,
col male della nostalgia a divorarmi.
Ti lasciai con dispetto,
matrigna avara di lavoro.
Ti lasciai con affetto,
col proposito di tornare.
Ti lasciai col timore
del tremar della terra,
là dove ero diretta.
Arrivò l’alluvione …
Mi cacciasti per salvarmi,
aspra madre terra.

Annalisa Soddu " 24/11/13
Dedicata alla mia amata Sardegna, dopo l’alluvione del 19 novembre 2013

sabato 16 novembre 2013

Booktrailer a "IL fuoco di Lorenzo"

                       
                          Booktrailer a "IL fuoco di Lorenzo": incipit del racconto "La moglie di Pietro"

giovedì 14 novembre 2013

I fidanzatini di Peynet

I fidanzatini di Peynet stanno seduti su una panchina: lui la circonda con un braccio e con l'altro le tiene la mano. Lei ha lo sguardo fisso e il viso immobile, dall'espressione sempre uguale; lui, invece, ha un'aria fatua.
Si fa lo shampoo colorato per sembrare più giovane, lo si nota dalla vistosa ricrescita grigia. Vent'anni fa era sicuramente un bel ragazzo, nonostante non fosse proprio un genio e  la malattia mentale ne abbia ulteriormente compromesso le facoltà psichiche.
Lei ha un po' un'aria da arpia, ma è ammalata anche lei e la fissità della mimica è legata probabilmente alle terapie che fa ormai da anni.
Si sono conosciuti tra i letti d'ospedale e saranno già dieci anni che stanno insieme. Lui vede solo lei e, grazie alla ricca pensione gestita dall'assistente sociale, una donna buona e onesta, è ben vestito, profumato e ricopre la sua amata di regali costosi: gioielli, borsette, cellulari, radioline, cosmetici.
Anche lei ha la pensione d'invalidità, ben custodita e poco utilizzata grazie alla prodigalità di lui.
Fantasticano da anni di una vita insieme, vivono di questo sogno senza preoccuparsi di realizzarlo; si scambiano baci appassionati nei quali lui appare perso, mentre lei mantiene la stessa espressione distante. Non vanno oltre quei baci, vivendo di un amore castissimo che si nutre di se stesso. Dopo il bacio, lui la abbraccia col visto trasfigurato e sorride al cielo, felice ed appagato.
L'altoparlante del giardino della clinica trasmette una mazurca; al ritmo di quell'allegro motivetto passeggiano lungo la siepe: i loro cuori danzano.



mercoledì 13 novembre 2013

Addio Antonio M.

Vorrei salutare Antonio M., che ieri notte si è spento, a 44 anni, dopo una malattia neurodegenerativa ereditaria che iniziò a manifestarsi in lui una decina di anni fa. Si è consumato lentamente e, per fortuna, senza più consapevolezza. L' ultima cosa che mi disse fu che pensava di scappare per andare a comprarsi le sigarette, delle quali in realtà non aveva alcun bisogno perché lo facevano fumare quando voleva mantenendogli la sigaretta, dato che lui, ormai, non era più in grado di fare neanche questo.
La cosa più bella che ricordo è il suo illuminarsi, qualche giorno fa, in risposta al mio sorriso e alla domanda "Come sta?" alla quale rispose a fatica "Abbastanza bene, grazie", mentre invece era ormai uno scheletro rivestito di pelle e del quale ci si accorgeva che era ancora vivo scrutando il movimento lieve della gabbia toracica.
Era ora che te ne andassi, Antonio. Non ce la facevamo più a vederti in quello stato. Anche se tu sembravi contento.
Grazie per averci insegnato tanto.

giovedì 7 novembre 2013

La mela è marcia!

Molti anni fa, entrai in reparto dopo una notte molto tranquilla; giusto una chiamata per trattare un'insonnia. 
Verso le sette gli infermieri vollero offrirmi il caffè e passai nuovamente per il reparto. La maggior parte dei pazienti indugiavano ancora tra le coperte,  d'altra parte non erano attesi in ufficio e potevano permetterselo. 
Il corridoio era libero e silenzioso. Mi diressi verso la piccola cucina, situata all'estremità dello stesso. Per giungervi si doveva svoltare a destra, dato che il corridoio formava una L. 
Tre metri dietro l'angolo si materializzò all'improvviso una folle urlante: uscì d'impeto dalla stanza al grido di "la mela è marcia! La mela è marcia"!
Mi vide e si fermò: gli occhi erano sbarrati, i capelli in disordine, la bocca priva degli incisivi inferiori. Tacque. Poi lanciò un altro grido e si avventò nella direzione della mia persona.
Mi sentii come se dal centro del petto il cuore fosse sceso verso il basso. Non vi dico poi l'intestino, per pudore: anzi, sono convinta che per qualche istante abbia tentato di allontanarsi strisciando sul pavimento.
Ho avuto anche l'impressione che i capelli, per simpatia, abbiano copiato la pettinatura della signora, disponendosi a raggiera sulla sommità del cranio, dal quale il sangue era calato in un attimo ai piedi per prepararli alla fuga. E infatti un piede, quello destro, era ruotato di 180 gradi, mentre il sinistro voleva lanciare la scarpa in alto in un pallido tentativo di difesa. Gli occhi -i miei- erano sicuramente sbarrati, lo so perché tanto si sono fatti grandi che li ho visti riflessi nella finestra.
Quanto durò quell'attimo non saprei dire; ma la classe non è acqua, dice il proverbio: e mica vorrai perdere la tua elevata professionalità solo perché ti stai facendo sotto dalla paura! Nella peggiore delle ipotesi ti strapperà tutti i capelli; se però mi rompesse gli occhiali mi darebbe fastidio, perchè, poi, se non vedo neanche sento...
Da dove mi sia arrivato il lampo di genio non posso capirlo: fatto sta che misi le mani avanti con i palmi aperti in direzione della signora, assunsi una severa aria di rimprovero e dissi con voce ferma (se sapesse, la signora, quanto ho faticato per raccogliere il fiato!): "NO"!
Ebbene, Dio e tutte le schiere celesti mi fecero 'o miracolo: la signora si bloccò al centro del corridoio (venti centimetri dalla sottoscritta), mi guardò sorpresa... si voltò e percorse la strada a ritroso continuando ad urlare: "La mela è marcia"! Ed io, passando dietro di lei a distanza accuratamente calcolata, dissi "Non si preoccupi, adesso ci pensiamo noi"!
Così, sempre guardandomi le spalle, mentre la signora rientrava nella sua stanza, deglutendo un infinito numero di volte, mentre il sangue dalle caviglie risaliva al cervello provocando un intenso formicolio e le gambe tremolanti stentavano a mantenermi eretta, facendo finta di niente entrai nella piccola cucina dove il profumo del caffè si annunciava come una medicina e dissi agli infermieri: "Ah... la signora Porfido è agitata... datele venti gocce di delorazepam..."
Quindi mi schiantai sulla sedia e, finalmente, bevvi l'agognato caffè.


Inviato da Samsung Mobile

domenica 3 novembre 2013

Forse un rimorso

Per attenderlo parcheggiai all'ombra; ci saranno stati una trentina di gradi, ma per fortuna non c'era afa e non si sudava troppo. Avevo per la prima volta indossato un freschissimo abitino nuovo e ci tenevo molto a non intriderlo di sudore. Arrivò con una valigetta 24 ore, un aspetto un po' impettito. Pensai che avesse circa sessant'anni; immaginai che la valigetta contenesse tutti i referti medici precedenti relativi alla moglie, che di lì a poco avrei dovuto incontrare.
Lo feci accomodare in auto, perchè prima che visitassi la moglie voleva raccontarmene la storia clinica, dato che lei sembrava non essere in grado di farlo; ed io mi preparai a ricevere un grosso malloppo di carte così come appariva dallo spessore della valigetta.
Invece, guardando fisso davanti a sè, cominciò a raccontarmi della storia personale della moglie: donna che si era incaponita a volerlo sposare nonostante lui non la amasse, tanta era la passione che nutriva nei suoi confronti....; donna intelligente che però, testardamente, non aveva concluso l'università per non aver voluto cambiare materia, donna che lui aveva convinto, senza difficoltà, a lasciare il lavoro per allevare i bambini; cosa della quale si era pentito amaramente, perché riteneva fosse una concausa del successivo malessere di lei, iniziato tanti anni addietro e mai più finito.
Nel dire queste cose guardava ora davanti a sé, ora fuori dal finestrino, con un sorriso sarcastico che alternava ad espressioni di disgusto ed insofferenza, che mi facevano pensare a quanto quella moglie, ora così malata, dovesse avergli dato problemi, al punto da nutrire odio, rancore e rabbia.
Accolsi con qualche perplessità e un po' di sconcerto quelle manifestazioni. Non feci commenti. Quando ebbe finito, mi guidò con la sua auto fino al portone. Mi aprì una ragazza che con aspetto indifferente mi condusse verso la cucina. Un forte odore di sporcizia  mi fece quasi arretrare.
Sul cuscino untuoso di una vecchia poltrona era seduta una donna obesa di una settantina d'anni, con lunghi capelli grigi, i baffi, un enorme scandaloso seno e la pelle desquamante.
(racconto iniziato il 4 agosto 2013)
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3 Novembre 2013
Ho interrotto la scrittura di questa storia, senza sapere perché. Non riuscivo ad andare avanti.
Quell'uomo che all'inizio mi aveva ispirato dei sentimenti così negativi, mentre andavo via dopo la visita - con la quale non avevo concluso nulla, data la mancata collaborazione della signora, se non avere la conferma al mio sospetto di una psicosi cronica residua - mi disse con uno sguardo completamente trasformato, quasi avesse una visione celestiale: "Io sono sicuro che, se io fossi stato un uomo diverso, mia moglie non si sarebbe ammalata". Quella frase mi  addolcì verso di lui, lo vidi come un uomo che, accortosi di aver fatto degli errori gravi, alla fine avesse capito di amare la moglie, che lo aveva a sua volta tanto amato, e quindi sentisse ora l'obbligo morale di accudirla.
Io, che lo avevo mio malgrado giudicato, ora lo riabilitavo dentro me stessa.
In seguito parlai col medico che mi aveva indicato all'uomo. Con mia grande sorpresa, mi riferì che lui lasciava la moglie sola per ore e chiusa a chiave; lo aveva scoperto l'assistente domiciliare della donna, che andava poche ore la settimana e che ne aveva raccolto una confidenza improvvisa e inaspettata, considerate le sue condizioni psichiche di chiusura. In un momento di lucida loquacità, ella disse: "Se la moglie non si lava, il marito non si avvicina".
Quella frase mi fece capire: una donna sicuramente molto bella, in gioventù, con vistosi attributi sessuali, intelligente e innamorata al punto di accettare un uomo che non l'amava, ma che di lei aveva comunque goduto e che aveva avuto anche come governante, una donna comoda, insomma; lui aveva comunque fatto la sua vita e lei aveva sicuramente sofferto molto, finché la sua psiche aveva ceduto e inconsapevolmente si era liberata di lui, trovando il modo di tenerlo lontano.
Lui, seppi dopo, le diede la terapia solo allo scopo di tenerla più addormentata possibile così da poter uscire tranquillamente e fare la propria vita, probabilmente con un'altra.
Non so se i servizi sociali le trovarono una diversa collocazione, dopo la segnalazione dell'assistente.
Solo oggi, completato il puzzle, riesco a concludere la mia narrazione.
A voi giudizi e conclusioni.

venerdì 1 novembre 2013

Un padre

"Buongiorno dottoressa sono il papa' di Sandra. Questa mattina per futili motivi ha litigato con la mamma ed uscendo di casa è stata per un po' da sola a piangere. In questo momento non sta bene, mi dice che mi devo convertire e ritornare il papa' buono che ero fino a 2 mesi fa. Per farla stare buona e tranquilla le dicevo che era Dio che mi diceva le parole giuste che le dicevo e quindi lei ora si sente smarrita senza di me. 
Io non so più cosa fare, se dirle che queste cose son frutto delle allucinazioni e che non sono vere o continuare a mentire per farla stare tranquilla. Non vado oltre; mi dia dei consigli per il mio comportamento. Mia moglie mi dice che continuo a sbagliare ad assecondarla. Appena ha tempo libero mi faccia sapere. Grazie di cuore per la sua disponibilità e le auguro buona domenica." 

"Mi scusi dottoressa la disturbo anche oggi che è domenica, ma io sto male al pensiero che Sandra abbia avuto un'altra ricaduta e adesso lei vuole il primo fidanzato e non più l'attuale e comunque spero solo che da domani con la nuova terapia incominciamo a stare meglio sia lei che noi. Questo che è successo è stato per mia colpa e non trovo più pace non so più cosa fare perché ho perso tutto: mia moglie, mia figlia e il suo fidanzato che è irraggiungibile. Scusi ancora se la disturbo sempre. 
Un padre che non ha saputo fare il padre."




"Strega d'altri tempi"

Strega d'altri tempi